“Introduzione
Molte volte mi viene dato a intendere, virtuosa signora, che alcuni dei prudenti maschi e, anche, femmine discrete, si meravigliano o si sono meravigliati di un trattato che, con la grazia divina che guidava il mio debole intelletto femminile, la mia mano scrisse. E dato che è un’opera piccola, di poca sostanza, sono meravigliata. E non si creda che i prudenti maschi siano inclinati a meravigliarsi per così poca cosa; ma, se il loro meravigliarsi è vero, par bene che il mio insulto non sia dubbio, dato che non si manifesta questa ammirazione per il merito della scrittura ma per il difetto della sua autrice o compositrice; come vediamo per esperienza quando una persona di semplice e rozzo intelletto dice una parola che ci sembra in qualcosa già sentita: ce ne meravigliamo, non perché il suo detto sia degno di ammirazione ma perché l’essere stesso di tale persona è tanto censurabile e basso e tenuto in così poca stima che non ci aspettiamo da lei niente di buono. E, perciò, quando succede, per la misericordia di Dio, che tali persone semplici e rozze dicano o facciano qualcosa che, pur non essendo del tutto buono, è poco comune, ci meravigliamo molto per il rapporto che abbiamo detto. E per lo stesso rapporto credo certamente che si sono meravigliati i prudenti maschi del trattato che feci: non perché in esso siano contenute cose molto buone o degne di ammirazione, ma perché il mio stesso essere e il giusto merito uniti all’avversa fortuna e le crescenti malattie gridano contro di me e incitano tutti a sorprendersi dicendo: “Come può esserci qualche bene in una persona in cui risiedono tanti mali?” E da questo è seguito che l’opera femminile e di poca sostanza, che è degna di riprovazione tra gli uomini comuni, con molta ragione sarebbe fatta degna di ammirazione nell’approvazione degli uomini singolari e grandi, dato che il prudente non si meraviglia senza causa quando vede che lo sciocco sa parlare. E dica pure chi vuole che questa ammirazione è elogio, a me pare insulto; e, per mia volontà, preferisco che mi si offrano insulti ingiuriosi che elogi vani, dato che non mi può far danno l’ingiuria né far bene l’elogio vano. Perché io non voglio usurpare la gloria altrui né desidero sfuggire allo stesso insulto. Però c’è un’altra cosa a cui non devo consentire, perché la verità non lo consente: a quanto pare, del trattato menzionato non solo si meravigliano i prudenti, ma perfino alcuni non possono credere che sia vero che io abbia fatto tanto bene; in me c’è meno di quanto si presuppone, ma nella misericordia di Dio si trovano beni più grandi. E poiché mi dicono, virtuosa signora, che del citato volume di carte in bozza hanno avuto notizia il signor Gómez Manrique e voi, non so se il dubbio che circonda il trattato si è presentato alla vostra discrezione. E, benché la buona opera, che davanti al soggetto della sovrana verità è veritiera e certa, non risulti molto danneggiata se è considerata dubbia -come questa- nell’accoglienza e nel giudizio degli uomini umani, ciò può distruggere e distrugge la sostanza della scrittura; e perfino pare togliere di ben molto il beneficio e la grazia che Dio mi ha fatto. Per tutto questo, nell’onore e la gloria di questo sovrano e liberale Signore, della cui misericordia è piena la terra, io, che sono un piccolo pezzo di terra, oso presentare alla vostra grande discrezione questo che alla mia, piccola e debole, si offre per ora.”
“Introduçión
Muchas vezes me es hecho entender, virtuosa señora, que algunos de los prudentes varones e asy mesmo henbras discretas se maravillan o han maravillado de vn tratado que, la graçia divina administrando mi flaco mugeril entendimiento, mi mano escriuió. E como sea vna obra pequeña, de poca sustançia, estoy maravillada. E no se crea que los prudentes varones se ynclinasen a quererse marauillar de tan poca cosa, p[er]o sy su marauillar es çierto, bien paresçe que mi denuesto non es dubdoso, ca manifiesto no se faze esta admiraçión por meritoria de la escritura, mas por defecto de la abtora o conponedora della, como vemos por esperençia quando alguna persona de synple e rudo entendimiento dize alguna palabra que nos paresca algund tanto sentida: maravillámonos dello(s), no porque su dicho sea digno de admiraçión mas porque el mismo ser de aquella persona es asy reprovado e baxo e tenido en tal estima que no esperamos della cosa que buena sea. E por esto quando acaesçe por la misericordia de Dios que tales personas sinples e r[u]d[a]s dize[n] o haze[n] alguna(s) cosa(s), avnque no sea del todo buena, (e) sy no comunal, maravillámonos mucho por el respecto ya dicho. E por el mesmo respecto creo çiertamente que se ayan maravillado los prudentes varones del tractado que yo hize, y no porque en él se contenga cosa muy buena ni digna de admiraçión, mas porque mi propio ser e justo meresçimiento con la adversa fortuna e acresçentadas pasyones dan bozes contra mí e llaman a todos que se maravillen diziendo: ‘¿Cómo en persona que tantos males asyentan puede aver algund bien?’ E de aquí se ha seguido que la obra mugeril e de poca sustançia que dina [es] de reprehensyón entre los onbres comunes, (e) con mucha razón sería fecha dina de admiraçión en el acatamiento de los singulares e grandes omes, ca no syn causa se maravilla el prudente quando vehe que el nesçio sabe hablar. E diga quien quisyere que esta ya dicha admiraçión es loor, que a mí denuesto me paresçe(r) e, por la mi voluntad, antes se me ofrescan injuriosos denuestos me paresçe que no vanos loores; ca ni me puede dañar la injuria nin aprovechar el vano loor. Asy que yo no quiero vsurpar la gloria ajena ni deseo huyr del propio denuesto. Pero ay otra cosa que [no] devo consyntir, pues la verdad non la consyente, ca paresçe ser no solamente se maravillan los prudentes del tractado ya dicho, mas avn algunos no pueden creer que yo hisyese tanto bien ser verdad: que en mí menos es de lo que se presume, pero en la misericordia de Dios mayores bienes se hallan. E porque me dizen, virtuosa señora, que el ya dicho bolumen de papeles bor[r]ados aya venido a la noticia del señor Gómez Manrique e vuestra, no sé sy la dubda, a bueltas del tractado, se presentó a vuestra discreçión. E como quier que la buena obra que antel subjeto de la soberana Verdad es verdadera e çierta, non enpeçe mucho si nel acatamiento e juizio de los onbres vmanos es avida por dubdosa, como ésta, puede estragar e estraga la sustançia de la escritura, e avn paresçe evacuar muy mucho el benefiçio e graçia que Dios me hizo. Por ende, a onor y gloria deste soberano e liberal Señor de cuya misericordia es llena la tierra, e yo, que soy un pequeño pedaço de tierra, atréuome presentar a vuestra grand discreçión esto que a la mía pequeña e flaca por agora se ofresçe.”
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