Documenti: - Testamento. Margarida Call i Pedrals.
In nome di Dio - Amen. Io, Margarida Call i Pedrals, vedova di Jaume Call, sarto, cittadino di Barcellona, figlia legittima e naturale di Esteve Pedrals, contadino del borgo di Bagà, diocesi di Solsona, e di Eulalia Pedrals y Sastre, coniugi defunti. Con qualche indisposizione del corpo ma nel pieno delle facoltà di giudizio, memoria e parola; volendo disporre dei miei beni, dispongo il mio ultimo testamento: Nel quale scelgo come esecutori testamentari ed esecutori di questa mia ultima volontà l’Illustre e Reverendissimo Signor Dottor Joan Baptista Gualdo, Presbitero canonico della Santa Chiesa Cattedrale di questa città, il Reverendo Signor Dottor Fortià Camps, Presbiero beneficiato e curato vicario della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria del Mar della medesima città; Esteve Call, maestro di Prime Lettere, cittadino della stessa città, figlio mio, Eulalia Miquel y Call, sposa di Benet Miquel, sarto cittadino di Barcellona, Teresa Call, nubile abitante della suddetta città, le due figlie mie; e Miquel Buxadell, sarto cittadino della medesima: Ai quali, alla maggior parte, e a ciascuno di loro, in assenza, impedimento o mancanza degli altri, conferisco pieni poteri di adempiere alla mia disposizione testamentaria, conformemente a come troveranno disposto:
Primieramente voglio che tutti i miei debiti e danni siano pagati, e risarciti dai miei beni con la maggior brevità possibile, considerata la sola verità del fatto.
Scelgo la sepoltura che darà asilo al mio cadavere nella detta Chiesa Parrocchiale di Santa Maria del Mar, desiderando che la si faccia del tipo denominato generale semplice, spendendo per essa ciò che sarà necessario dei miei beni.
Item dispongo che il prima possibile dopo il mio trapasso, per il riposo della mia anima, siano celebrate sessanta messe di suffragio, a fine di carità a sei soldi ciascuna, cioè venticinque nella menzionata Chiesa Parrocchiale di Santa Maria del Mar -altre venticinque in quella del convento del Padre San Francesco- e le restanti all’altare del Santo Cristo in agonia eretto nella Chiesa o cappella di Santa Marta, tutte di questa città.
Item dichiaro che la cassapanca e tutti i vestiti e le altre cose contenute in essa che la detta Teresa Call, nubile, figlia mia, ha e conserva per suo uso, è tutto suo proprio, per averlo lei fatto e acquistato con denaro suo, che ha guadagnato e guadagna con il mio consenso e mentre il nominato Jaume, suo padre, viveva, guadagnava con il di lui beneplacito con il suo lavoro: e pertanto può disporne come le pare.
Item lascio alla medesima Teresa Call, nubile, figlia mia, tutta la roba di mio uso e servizio, la buona come la ordinaria, qualunque ne sia la qualità; e, inoltre, l’immagine di Nostra Signora del Carmen, che si trova in una credenza (ma non questa), tutto a sua libera disposizione.
E per i restanti beni miei, presenti e futuri, diritti e azioni, che possano competermi da qualunque parte e a qualsivoglia titolo o causa; come anche per quelli che prendo dal menzionato Jaume Call, mio defunto marito, che esistono, usando, quanto a questi, la facoltà che egli mi concesse nel suo ultimo testamento, rilasciato nelle mani del Dottor Josep Ponsico, notaio pubblico dell’albo di Barcellona, il trenta gennaio del millesettecentosessantanove: istituisco come Eredi miei universali e particolari rispettivamente il suddetto Esteve Call, mio figlio, e le già nominate Eulalia Miquel y Call e Teresa Call, nubile, figlie mie, in quanto cioè, a detta Eulalia, venticinque lire barcellonesi solamente, servendole allo stesso tempo da pagamento e supplemento della sua legittima paterna e materna, parte della mia donazione nuziale, e altri diritti che possa pretendere sui miei beni e quelli del suo defunto padre; dato che, al momento del contratto del suo matrimonio e dopo sposata le fu dato e consegnato dal suo menzionato padre e da me, molto più di ciò che le spettava, cosa che tengo molto presente come non può smettere di tenerlo la stessa Eulalia, figlia mia: le quali venticinque lire voglio che le siano pagate dai suoi nominati fratello, e sorella, i detti Esteve Call e Teresa Call. In quanto ai restanti beni e diritti miei e del mio defunto marito, per ripartizione in parti eguali tra i due a loro libera disposizione: Dichiarando essere mia volontà che la menzionata Teresa, figlia mia, in qualunque caso, prenda consiglio e parere dai suddetti Illustre Don Joan Baptista Gualdo Presbitero, Reverendo Dottor Fortià Camps, Presbitero, Miquel Boxadell, e Josep Ponsico, notaio, che indico come consiglieri, per la sua miglior riuscita; confidando che detti Signori riterranno bene accettare questo incarico, come li supplico vivamente.
Questa è la mia volontà, con la quale revoco qualunque altra fatta da me finora; volendo che il mio attuale testamento prevalga nel modo migliore che di diritto abbia luogo, senza farne copie fino a dopo il mio trapasso. In prova di ciò così lo firmo, nella città di Barcellona, addì ventisei del mese di agosto dell’anno del Signore, millesettecentoottantuno: Essendo presenti come testimoni richiesti da me stessa Joan Baptista Gerissola, cittadino di questa città, e Cayetano Texidor y Matheu scrivente abitante in essa.
Margarida Call i Pedrals
Nelle mie mani, Joan Prats y Cabré, notaio, che faccio fede di conoscere la testatrice.
En nom de Deu- Amen. Jo Margarida Call y Pedrals viuda de Jaume Call sastre ciutadà de Barcelona, filla legitima, y natural de Esteve Pedrals pages de la vila de Bagà, bisbat de Solsona, y de Eulalia Pedrals y Sastre, conjuges difunts. Estant ab alguna indisposicio corporal, pero ab libre judici, memoria, y paraula; Volent disposar de mos bens: ordeno mon ultim testament: Del qual elegesch marmessors, y éxecutors de aquesta postrera voluntat mia, al Iltre., y molt Rnt Señor Doctor Joan Baptista Gualdo, Pbre canonge de la Santa Iglesia Cathedral de esta ciutat, al Rnt Señor Doctor Fortià Camps Pbre beneficiat, y vicari curat de la Iglesia Parroquial de Sta Maria del Mar de la mateixa, A Esteve Call mestre de Primeras Lletras ciutadà de la propria ciutat mon fill, á Eulalia Miquel y Call muller de Benet Miquel sastre ciutadà de ella, á Theresa Call donsella habitant en la referida ciutat, las dos fillas mias; y á Miquel Buxadell sastre ciutadà de la mateixa: Als quals, á la major part, y a cada un de ells, en absencia, escusa, ó falta dels altres, dono ple poder pera cumplir aquesta mia disposicio testamentaria, conforme trobaran ordenat:
Primerament vull que tots mos deutes e injurias sian pagats y esmenadas de mos bens; ab la brevedat possible, conciderada sola la veritat del fet.
Elegesch la sepultura fahedora á mon cadaver en la sobredita Parroquial Iglesia de Santa Maria del Mar, volent sia feta de la classe dita general simple gastant per ella de mos bens, lo que sia menester.
Item disposo, que lo mes prest se puga, despres de mon obit, per descans de ma ánima, sian celebradas sexanta missas ab absolta, á la fi de caritat sis sous cada una, es á saber, vint, y sinch en la referida Iglesia Parroquial de Sta Maria del Mar= altras vint, y sinch en la del convent del P. St. Francesc= y las restants deuen lo altar del St. Christo en la agonia erigit en la Iglesia, o capella de Sta. Martha totas de esta ciutat.
Item Declaro que la caixa, y tota la roba ab las demes cosas compresas en ella que la sobredita Theresa Call donsella ma filla te, y guarda per son us; es tot seu propri, per haverlo ella fet y adquirit de sos diners que ha guañat y guaña ab consentiment meu y mentres lo sobredit Jaume son pare vivia guanyava de voluntat de est ab son propri treball: Y per tant pot disposarne com li aparega.
Item prellego á la mateixa Theresa Call donsella filla mia tota la roba de mon us y servey, tant bona, com ordinaria de qualsevol qualitat sia; y a mes, la Imatge de Nostra Sra del Carme collocada en una escaparata (pero no esta) tot a sa lliure disposicio.
Y en los restants bens meus, present y esdevenidors, drets y accions, que pugan competirme en qualsevol part per qualsevols titols, o causas; com tambe en los que pren del referit Jaume Call mon difunt marit, que existescan, usant, en quant á estos, de la facultat concedida per ell á mi, en son ultim testament atorgat en poder del Dt. Joseph Ponsico notari publich de numero de Barcelona á trenta de Janer mil setcents sexanta y nou: Instituesch á mi Hereus universals, y particular respectivamt. al sobredit Esteve Call mon fill y á las nomenadas Eulalia Miquel y Call, y Theresa Call donsella, fillas mias, es a saber á dita Eulalia en quant á vint, y sinch lliuras barcelonesas tantsolamt., servintli al mateix temps estas en paga, y suplemt. de sas llegitimas paterna y materna, part de mon esponsalici, ÿ demes drets, que puga pretendrer en mos bens y en los de son difunt pare; respecte, que en lo temps del contracte de son matrimoni y despres de casada li fou donat y entregat per lo referit son pare, y per mi molt mes del que li corresponia, lo que tinc molt present com no pot deixar de tenirho la mateixa Eulalia ma filla: Las quals vint, y sinch lliuras vull li sian pagadas per los nomenats germà y germana seus: Ja dits Esteve Call y Theresa Call, en quan als demes bens y drets meus, y de mon difunt marit, per iguals parts entre los dos á sa libre disposicio: Declarant esser ma voluntat que la referida Theresa filla mia en qualsevol cas prenga lo consell y parer dels sobre dits Iltre. Dor. Joan Bapta. Gualdo Pbre, Rnt Dor Fortià Camps Pbre, Miquel Boxadell, y Joseph Ponsico notari, los quals li assenyalo per consulents, per son major acert; confiant que dits Sors tindran á be acceptar est encarrech, com los suplico encaridament.
Aquesta es la mia voluntat, ab la qual revoco qualsevols especies de ella fetas per mi fins vuy; volent que mon actual testament prevalga en lo millor modo que de dret tinga lloch, sens donarsen copia fins despres de mon obit. En testimoni de las quals cosas axis lo firmo en la ciutat de Barcelona á vint y sis dias del mes de Agost any del naixement del Señor mil setcents vuitanta hu: Essent presents per testimonis pregats per mi mateixa Joan Baptista Gerissola ciutadà de esta ciutat; y Cayetano Texidor y Matheu escrivent habitant en ella.
Margarida Call y Pedrals
En poder de Mi Joan Prats ÿ Cabrér notari, qui dono fé coneixer à la testadora.
Isabel Pérez MolinaIsabel Pérez Molina è nata a Barcellona. Si è laureata in Storia Contemporanea presso l’Università di Barcellona, dove ha preso una specializzazione in Storia delle donne e un dottorato in Storia Moderna. Dal 1991 al 1994 è stata segretaria esecutiva del Centro di Studi delle Donne Duoda dell’Università di Barcellona. Dal 1996 al 2000 è stata docente titolare di Studi Ispanici presso la “University of Technology, Sydney, UTS”, a Sidney, Australia. La sua tesi di dottorato fu pubblicata nel 1997 dalla casa editrice dell’Università di Granada, serie Feminae, con il titolo Las mujeres ante la ley en la Cataluña moderna. Una versione diversa e attualizzata è stata pubblicata in inglese nel 2001, Honour and Disgrace: Women and Law in Early Modern Catalonia (Florida, Dissertation.com, 2001). Oltre a diversi saggi e libri didattici, ha partecipato all’elaborazione e ha curato la pubblicazione di Las mujeres en el Antiguo Régimen: Imagen y realidad (Barcellona, Icaria, 1994). Ha una figlia nata a Sidney, Australia, nel 1998. |
La legislazione è al contempo parte del discorso del potere e arma per imporre o mantenere una struttura sociale data. Ne consegue che lo studio delle leggi e della loro applicazione concreta è ineludibile per conoscere come si struttura una società dal punto di vista del potere. Per quanto riguarda la differenza sessuale, diventa un elemento importante sapere come la normativa legale ha voluto, non sempre con successo, regolarizzare la vita delle donne, puntando specialmente sul diritto di famiglia e delle successioni, e imponendo il silenzio, o l’esclusione, nel diritto che, come afferma Milagros Rivera riferendosi al diritto pubblico nel Medioevo, non tocca le donne.
Nel periodo moderno bisogna considerare sia la legislazione civile sia quella eccelsiastica. La legislazione civile si occupa di diversi aspetti del diritto di famiglia, ma specialmente degli aspetti di tipo patrimoniale. Il diritto canonico regolamenta principalmente il matrimonio. L’esistenza di continui conflitti tra i due tribunali in materia di diritto di famiglia e l’interesse dello stato a legiferare sulla trasmissione patrimoniale, e pertanto a controllare in qualche modo la comunità familiare, denotano l’interesse delle istituzioni del potere a controllare settori della società che facilmente sfuggono loro di mano entrando nella sfera del quotidiano.
Quando si parla di trasmissione di ricchezza, generalmente si parla di beni materiali e della trasmissione del patrimonio. Nell’ordine simbolico patriarcale, le leggi di successione non faranno altro che garantire il funzionamento della struttura sociale così come è stabilita, struttura di cui fa parte, e insieme ne è il complemento, l’istituzione del matrimonio. Si tratta di garantire la trasmissione del patrimonio per via patrilineare. Le regole riguardanti l’eredità e la successione sfociano direttamente, secondo la definizione data a suo tempo da Christine Delphy, in rapporti patriarcali in cui si impedisce alle donne di ereditare a eguali condizioni rispetto ai fratelli maschi. Le donne diventano elementi necessari - per la loro funzione riproduttiva - ma non beneficiari della trasmissione ereditaria. In Catalogna questo si realizza attraverso l’istituzione dell’erede (hereu) o della promessa di eredità che trasforma il fedecommesso e la primogenitura maschili in legge universale. I meccanismi legali danno agli uomini una posizione privilegiata attraverso i capitolati matrimoniali e le prelazioni. Le donne potranno diventare ereditiere (pubillas) quando le oscillazioni della demografia sono loro favorevoli, cioè non ci sono fratelli maschi in famiglia o la maggiore delle sorelle o i fratelli maschi muoiono. Per il resto dovranno contentarsi dell’importo della dote che verrà data loro quando si sposano.
Tuttavia la trasmissione di ricchezza, soprattutto per le famiglie dove quello che è in gioco è la sopravvivenza, non si limita né ai grandi beni materiali né solamente a semplici beni materiali. Inoltre, nonostante la sua volontà universalistica e penetrativa, la legge non arrivava a tutti gli aspetti della vita quotidiana, per cui la pratica differiva spesso dal discorso giuridico. Anche se è vero che i pochi diritti che le donne avevano per legge non sempre erano rispettati, non è meno vero che le donne a loro volta facevano uso a proprio beneficio di una legge in linea di principio discriminatoria nei loro confronti. Nonostante le difficoltà le donne furono parte attiva della società sotto ogni aspetto, culturale, sociale, economico, creando diversi tipi di reti e di relazioni tra di loro. Alcune furono riconosciute all’epoca in cui vivevano e oltrepassarono i limiti imposti alla loro indipendenza.
La trasmissione di ricchezza tra donne può essere considerata una forma di ginecoeredità e può anche essere un modo di mantenere viva la genealogia per via materna. La trasmissione di ricchezza tra donne può essere letta in vari modi e implica diversi gradi di solidarietà tra donne.
In primo luogo, la trasmissione di ricchezza tra donne ci indica l’esistenza di una relazione che sfugge all’ordine simbolico patriarcale e che ci introduce, in maniera più o meno chiara, nell’ordine simbolico della madre, dato che si tratta di relazioni che fuoriescono dai limiti del patriarcato.
Durante l’Età Moderna, i documenti notarili e processuali attraverso cui possiamo seguire la pratica della trasmissione di ricchezza tra donne o da parte delle donne, rivelano o fanno intuire i rapporti che le donne hanno tra loro, come tra madri-figlie, tra zie e nipoti, o tra sorelle, cognate e altre parenti, ma anche tra amiche o tra vicine. Questi rapporti ci indicano importanti gradi di complicità tra le donne, che crearono diverse reti di solidarietà e di mutua assistenza sia nella vita quotidiana sia alla morte, e che contribuiranno a consolidare il ruolo delle donne come elementi essenziali per la sopravvivenza loro e delle loro famiglie, fornendo loro la capacità di provvedere alla sussistenza tanto nei cicli espansivi quanto nei momenti difficili e di crisi.
Le relazioni tra donne, simboliche e reali, che si ricavano da questi documenti sono generalmente soprattutto tra madri e figlie, che costituirebbero un primo tipo di relazione rilevante facilmente documentata, a cui si aggiungono le relazioni tra parenti e tra donne senza rapporto di parentela, che costituirebbero un secondo e un terzo tipo di relazione.
A partire da qui è possibile affermare che la trasmissione di ricchezza non si limita soltanto alla trasmissione dell’eredità, ma anche a queste pratiche e/o doni tra donne nella vita quotidiana e alla trasmissione di tali pratiche e reti di relazioni tra donne, sia all’interno della stessa generazione sia a livello intergenerazionale. Le donne eserciteranno il matronato con le loro protette e la sorellanza con le vicine, amiche, sorelle.
Nell’Ancien Régime, fare testamento era una pratica abituale in tutti gli strati sociali. Si trattava di disporre le cose della vita dopo la morte e questo a sua volta faceva parte di un rituale che circondava la morte, impregnato di un forte sentimento religioso.
La maggior parte delle volte i beni posseduti dalle donne sono parecchio ridotti e si limitano alla dote. Ma non sempre lo si può constatare in modo esplicito, spesso lo si deduce dal tipo di legati: piccole somme di denaro, vestiti e gioielli. Alcune testatrici sì che si esprimono in questo senso e affermano che i beni oggetto di testamento provengono dalla dote.
In alcuni casi, tuttavia, si allude alla condizione di ereditiera della testatrice. In altri casi le testatrici sono ricche o posseggono beni immobili, benché questi spesso consistano unicamente nella casa in cui abitano. Per esempio, nel testamento fatto nel 1796, María Eulalia Pi y Jaquet afferma di avere una “bottega di cucito”, che lascia a una delle sue figlie, e non sembra essere la parte maggiore dei suoi beni, dato che il legato non è per quella che nomina ereditiera.
Le donne tendevano a fare testamento da vedove; insieme ad altri dati questo testimonia che le vedove godevano di una maggior libertà di testare rispetto ad altre donne, soprattutto le sposate, essendosi liberate della tutela maritale.
Una delle particolarità che si osservano quando si inizia la lettura di testamenti fatti da donne è l’apparire di altre donne come esecutrici testamentarie, in genere le figlie, nuore o altre parenti. La frequenza con cui compaiono donne esecutrici testamentarie è più alta nelle ultime volontà femminili, specialmente quando fanno testamento le donne nobili.
Nonostante il fatto che le leggi, il costume, la superstizione e altre cause inducessero o obbligassero le donne a seguire le norme che le discriminavano, molte volte esistevano fessure attraverso le quali si violava o aggirava la norma. Le donne tenteranno ripetutamente di sottrarsi alle norme. Nei testamenti fatti da donne durante l’Età Moderna, quando le madri fanno uso della loro matria potestà e nominano una ereditiera, la maggior parte di queste sono figlie della testatrice, che sono nominate ereditiere in mancanza di figli maschi, ma ci sono notevoli eccezioni in cui decidono di non seguire le norme patriarcali di successione e la figlia ereditiera ha fratelli maschi. In certi casi le testatrici nominano eredi i figli e le figlie in parti eguali, e in altri il figlio riceve un terzo dei beni e la figlia due terzi.
Ma dove più si notano le particolarità dei testamenti fatti da donne è nei legati. Le donne, anche quando al momento di fare testamento seguono le norme stabilite, si tengono sempre uno spazio per ricordarsi di altre donne. Qui si vede la grande disseminazione dei pochi beni che le donne avevano a favore di altre donne, parenti dirette e indirette, come zie, sorelle, nipoti..., e anche a favore di altre donne senza legami di parentela. Questi legati sono generalmente oggetti umili, di poco valore, ma che potevano avere un’importanza strategica chiave riguardo alla sopravvivenza. Rafforzano rapporti di parentela reali e fittizi, in realtà reti di solidarietà femminile, il cui obiettivo prioritario era di assicurare la sopravvivenza delle donne e delle loro famiglie.
Margarida Call i Pedrals firma il testamento davanti al notaio a Barcellona il 26 agosto 1781, disponendo dei suoi beni e di quelli del marito, che le aveva concesso tale facoltà nel suo testamento - datato nel 1769. Nel testamento, Margarida fa uso della matria potestà e decide di fare una distribuzione in parti eguali dell’eredità tra suo figlio Esteve e sua figlia nubile, Teresa. La testatrice ha un’altra figlia a cui lascia 25 lire come supplemento di legittima e che è costituita erede con sua sorella e suo fratello ma solamente per tale importo, dato che, secondo Margarida, la sua parte le è già stata data come dote quando si è sposata. Inoltre, Margarida effettua un altro legato a Teresa, formato da vestiti e da un’immagine di Nostra Signora del Carmen. È questo un atto di autorità femminile con il quale Margarida viola i modelli imperanti delle leggi di successione patriarcali a beneficio delle figlie, e in particolare di sua figlia Teresa.
Le leggi patriarcali appaiono, in linea di principio, come un ostacolo alla libertà femminile. La necessità di adattarsi ai valori marcati dai codici dell’onore si intreccerebbe con il fatto che questi e altre normative non otterrebbero mai il successo desiderato e si scontrerebbero sempre con una resistenza più o meno patente e diffusa. Le leggi e i codici maschili dell’onore cercherebbero di delineare i margini d’azione per le donne della Spagna moderna, margini che imporrebbero limitazioni alla capacità di agire delle donne in diversi ambiti: in ambito legale, attraverso l’impossibilità di possedere una personalità giuridica completa; in ambito lavorativo, circoscrivendo i compiti femminili dentro spazi determinati e senza riconoscimento sociale; nell’ambito del pubblico, negando loro l’uso della parola, della scrittura ecc.
Tuttavia, le barriere imposte sarebbero state spesso oltrepassate. L’ambiguità dei confini o frontiere che nel corso della storia hanno separato ciò che si è considerato onorevole da ciò che no, ha fatto sì che si configurasse una linea divisoria ampia quanto basta, e a sua volta ha consentito un certo margine di manovra che le donne hanno usato per il loro sviluppo personale e/o per il proprio desiderio. Le donne furono capaci di usare a proprio vantaggio un sistema legale discriminatorio. Le donne presero dalla legge patriarcale quello che interessava loro per i propri progetti. Per esempio, rimanendo usufruttuarie dopo essersi risposate, e persino essendosi risposate prima che passasse l’anno di lutto, o restando in una separazione di fatto in attesa di una sentenza che poteva non arrivare mai - di fatto i processi di separazione matrimoniale costituirono per le donne una strategia che aveva l’obiettivo di sfuggire alla tutela maritale e ottenere maggior indipendenza.
I processi civili del Regio Tribunale mostrano la complessità dei rapporti tra donne e tra queste e la legge, dal momento che danno voce a molte donne che non possono esprimersi in altri tipi di documenti giuridici. In questi processi le donne mostrano in gran parte i loro desideri, i loro legami con altre donne, le loro relazioni d’amore e disamore, a volte il legame tra classi.
Per classi del biennio di scuola media superiore:
Leggere la traduzione o una sua parte scelta dalla professoressa. Indicare il tipo di rapporti tra donne che si trovano nel testo e cercarne di simili nelle famiglie e nelle cerchie di vicinato di ciascuna allieva/o.
Per classi del triennio di scuola media superiore o del primo ciclo universitario:
Confrontare il testo con un testamento firmato da un uomo, in particolare se lui stesso è erede. Per fare ciò accedere agli archivi locali o al registro notarile per scegliere un testo dello stesso periodo.
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Edizione: Marta García
Correzione: Gemma Gabarrò
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Traduzione in anglese: Caroline Wilson
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