La differenza di essere donna

Ricerca e insegnamento della storia

Zona: Temi

Lavori in relazione e saperi delle donne, Teresa Vinyoles Vidal.
    Documenti:
  • Libro dei conti. Sancha Ximenis de Cabrera.

Libro dei contiflechaSancha Ximenis de Cabrera.

Brano
Fonte
Archivo de la Catedral de Barcelona, Pía Almoina. Llibres Extravagants , 1440.
Edizione
El llibre de comptes com a font per a l’estudi d’un casal noble de mitjan segle XV. Primer llibre memorial començat per la senyora dona Sanxa Ximenis de Fox e de Cabrera e de Novalles 1440-1443 . A cura di Jordi Andreu Daufí, Josep Canela Farré e Maria Àngela Serra Torrent. Barcellona, Fundación Noguera, 1992.
Regesto
Brani da un libro dei conti di Sancha Ximenis de Cabrera, vedova di Arquimbau de Foix, che comprende le spese sostenute per il mantenimento della casa dal 1440 al 1444 e contiene anche annotazioni varie su fatti quotidiani. Il libro fu scritto in parte dalla stessa Sancha e in parte da suoi collaboratori, ma sempre sotto la sua revisione.
Traduzione

I veli

[fol. 12v.] Il 22 febbraio [1442] ho contato i miei fazzoletti per la testa.

Sono: in primo luogo i fazzoletti grandi sono 12. Item i medi sono 4. Item i piccoli sono 17.

Item il 2 ottobre incaricai Ballester di farmi veli di lino con il crespo lungo: in primo luogo 2 veli piccoli per le tempie, di 4 palmi e mezzo di lunghezza ciascuno.

Item due veli da portare sulla fronte, di 6 palmi di lunghezza ciascuno.

Item due veli per sotto il mento di 5 palmi ciascuno di lunghezza.

Item due veli da ripiegare, uno di 8 palmi e un altro di 8 e mezzo.

Item un grande velo sopra tutti gli altri, di 9 palmi.

Tutta la lunghezza dei suddetti veli assomma a: 41 palmi, che corrispondono a 5 canne e un palmo.

Le figlie

[fol. 41r.] Le cose che la signora manda alle sue figlie:

Primo, sei paia di guanti.

Item due assi di filo bianco.

Item due borse di fustagno e una di cuoio scuro.

Item tre crespinas violetto, una di quelle azzurre.

Item tre pezze antiche grandi e due piccole.

Item sette portachiavi d’oro e di seta.

Item un paio di coltelli con cordone di seta bianca e nera.

Item una collana di padrenostri neri.

Il resto che manca da spedire: uno specchio da casa, e la bella borsa, e la correggia, e gli zoccoli di sughero foderato di pelle con le palline.

Ha già lo specchio. Ha già tutto.

Le lettere

[fol. 42r.] 1441. Lettere inviate da dicembre.

Il 30 dicembre scrissi a padre Arnau [...] per avvisarlo di questo, che Juan mi aveva detto chi turbava l’arrivo di mia figlia, la vedova, e ordinai al portatore di dare la carta solo a padre Arnau o a mia figlia piccola.

Itam sabato 31 dicembre inviai una lettera a mio fratello don Juan de Híjar con dentro un documento, diretto a Besalú. Nella lettera di mio fratello parlavo della malattia di mia sorella, Timbor, e dei falconi. La mandai a casa di Gabriel Homedes.

Il 20 gennaio risposta alle tre lettere di padre Arnau, e a quella della contessa. Parlavo della corte che aveva avuto con don Juan de Híjar, del vestire e del foderare.

Il 30 gennaio risposi al signor cardinale, alla lettera in cui diceva che io dovrei avere qualcuno a Bearn per sostenere i diritti di mia figlia; tale lettera la diedi a Juan perché gliela inviasse.

Item mercoledì primo giorno di marzo, scrissi a monsignor de Comenge attraverso Sancho, servitore della contessa di Foix. Fu per la venuta di mia figlia. [...]

Del filare e del tessere

[fol. 48v.] Venerdì 17 febbraio [1441] mandai a Beralle attraverso madonna Constanza del filo da candeggiare a tre soldi la libbra come segue: Item filo filato da detta madonna Constanza 14 matasse che pesano 6 once, grezzo; è restituito a 4 once. Item filato da Juliana 11 matasse, che pesano 9 once, grezzo; è restituito a 6 once e mezza. Item filato da me, Sancha Ximenis. Sono le matasse 30 matasse che pesano 2 libbre, 7 once, grezzo; è restituito a 2 libbre una oncia e mezza.

[...]

[fol. 50r.] Item lunedì 19 giugno mandai a Beralle 9 matasse di filo da candeggiare, che pesano 5 once. Le ha portate Antonio, ci sono 3 matasse filate da madonna Constanza, le altre sono filate da me, da Juliana e da Esperanza.

Item il 15 agosto ricevetti tali 5 once e le pagai.

Item mercoledì 26 settembre chiesi a Torruella che mi mandassero a Barcellona presso Bofill 33 matasse di filo, 10 matasse erano filate dalle mani di madonna Constanza e le altre 22 da tutte noi. Pesano 15 once, parecchio, e lo incaricai di pagare 3 soldi.

Depositaria dei saperi delle donne: una ricetta di cucina

[fol. 55v.] Anno 1440, martedì 20 del mese di settembre [...].

Di seguito il modo come si fanno le melanzane sottaceto per conservarle fino a Quaresima.

In primo luogo, prendete le melanzane, che siano piccole, e apritele a metà, ma in modo che non si stacchino [...] bollitele in acqua e sale, ma non buttate le melanzane finché l’acqua non bolle.

Quando vi rendete conto che cominciano ad ammorbidirsi, toglietele dall’acqua e stendetele su una tavola, che stiano all’aria. Quando vedete che sono asciutte, dopo un giorno o un giorno e mezzo, mettete in ciascuna parte delle melanzane uno o due chiodi di garofano, a vostro gusto. Poi prendete spezie come pepe, cannella e zenzero, in polvere, pepe più delle altre, e cospargetele dentro una per una. E fatto tutto questo, prendete aceto bianco, se è troppo forte aggiungete acqua, e metteteci miele finché diventa agrodolce; lo bollite tutto due o tre volte e poi buttate le melanzane e bollitele finché siano cotte, poi togliete la pentola dal fuoco e dopo un po’ tirate fuori le melanzane e mettetele in una pignatta ben coperte con l’aceto in cui sono state cotte; allora si possono già mangiare, ma non chiudete la pignatta finché non sia tutto ben freddo.

La signora feudale

[fol. 59r.-v.] Ricevute che ho fatto nell’anno che sta per finire 1442, come appare sotto scritto di mio pugno. [...]

Item ricevetti come decreto di locazione un certificato di riscatto di uomini e donne di Piemonte, per due masserie, tre fiorini: 1 lira, 13 soldi.

Item come decreto di locazione un certificato di riscatto di uomini e donne di Crosa, per la masseria Simón, 1 fiorino: 11 soldi.

Item come decreto di locazione un certificato di riscatto di uomini e donne, 1 soldo [...].

Item ricevetti dal decreto del figlio di Bosch tra denaro e castagne: 6 fiorini.

[fol. 69r.] Gesù. In nome di Dio sia.

Oggi, che è mercoledì, che siamo al 18 del mese di aprile dell’anno 1442, nel castello di Verges io, Sancha Ximenis de Foix y de Cabrera, signora del Valle de Osor, sono venuta a fare i conti. E ho fatto i conti con Pedro Sobirà, luogotenente del podestà di detta valle, e abbiamo fatto i conti dal primo giorno di giugno del 1441 a finire all’ultimo giorno di maggio del 1442, ho calcolato tutti i censi, tanto di grano come di denari, e di grano comune bianco, e di avena, e di orzo, e di miscela di frumento e segale e di legumi venduti fino a tale giornata; e di tutte le decime di carniccio ricevute fino a tale giornata, e che abbiamo venduto fino a tale giornata; e riscatti, decreti e pigioni certificate, e tutti i decreti ricevuti fino a tale giornata. Mi dovete restituire in conto alle suddette cose: 22 lire, 2 soldi, 4 denari.

[fol. 73v.] Iniziano le ricevute dell’anno che comincia il primo giorno di giugno dell’anno 1444 e finirà l’ultimo giorno di maggio dell’anno 1445.

In primo luogo e ricevuto il decreto di Camp Pla de Agualts 5 fiorini che il padre Pedro Joan ha fissato con lui e con un altro a 5 fiorini, tre fiorini, mi restano 3 fiorini: una lira, 13 soldi.

Item per riscatto di Pedro Caldés 3 fiorini: 2 lire, 3 soldi.

Item in più da Masferrer per l’acquisto di una terra: 11 soldi.

Item in più da Masferrer per entrata della moglie 25 soldi: una lira, 5 soldi.

Item da Mont de Santa Creu per riscatto di una figlia: 2 soldi, 5 denari.

Item è stato pagato da Vilanova l’invasamento del vino dell’anno 1444: 12 lire.

Item in più dalle rendite: 33 lire [...]

Padrona di casa

[fol. 78r.] Spese di grano comune bianco, e per macinarlo, per l’aggiunta e per il forno. Anno 1443.

[...] Item il martedì 22 ottobre il padre Pedro Joan, presbitero, comprò 4 cuarteras di grano comune bianco a 15 soldi la cuartera, costo della mondatura 4 denari: 3 lire, 4 denari.

Item il venerdì 25 ottobre, arrivò la farina di tale grano comune bianco, pagai al giovane che la portò, la macinatura e l’aggiunta: 6 soldi, 4 denari.

Cominciammo a impastare tale farina il giovedì 7 novembre.

Item il sabato 7 dicembre pagai a Maria, la panettiera, per cuocere il pane di tutto quello precedentemente scritto, che sono 8 cuarteras, le ho dato 9 soldi, 4 denari [...].

[fol. 109r.] 1443. Memoriale di roba lavata fuori casa:

Il 15 ottobre Salvadora Sunyera, de San Cugat del Vallés si è portata via: primo, delle tende bianche, cinque pezzi, lavarle costeranno: 2 soldi, 6 denari.

Item due tovaglie grandi a 3 denari ciascuna: 6 denari.

Item due tovaglie piccole a un denaro ciascuna: 2 denari.

Item due tovaglioli e asciugamani: 1 denaro.

Le fu pagato: 3 soldi, 3 denari.

Il 4 novembre si portò via 9 tovaglie, tre di esse grandi: 1 soldo, 2 denari.

Item tovaglioli 6: 3 denari.

Item asciugamani 3. Item strofinacci per coltelli 3: 1 denaro.

Item teli da bagno 2: 1 denaro.

Item il 26 novembre ha riportato tale roba e le è stato pagato: 1 soldo, 7 denari.

Item si è portata via detta donna il medesimo giorno: un paio di lenzuola sottili del mio letto, di tre tessuti: 4 denari.

Item due paia di lenzuola di scorta, a 4 denari il paio: 8 denari.

Item due teli da bagno grandi nuovi da misurare, a 4 denari la canna, ciascuno di quattro canne.

Ammontano a: 2 soldi, 8 denari.

Somma di questa pagina: 8 soldi, 6 denari.

[fol.119v.] Anno 1440. Spese straordinarie.

[...] Item il lunedì 26 settembre per un centinaio di spilli: 2 soldi, 1 denaro.

Item martedì una canna e mezza di stoppa di canapa per aggiustare un materasso a 20 denari la canna, e per una arroba di lana sarda per il materasso: 6 soldi, 5 denari.

Item costa tale materasso che fa 15 palmi di lunghezza e 12 di larghezza, di Valsens, la spesa di denari per uno: 4 soldi.

Item lo stesso giorno per una messa: 1 soldo.

Item il mercoledì 27 di tale mese, avena, mezzo cuartán per le galline: 3 denari [...].

[fol. 122v.] [...] Item il martedì 8 novembre segale per le galline: 6 denari.

Item il mercoledì 9 del mese, per aggiustare i tappeti: 5 soldi, 8 denari.

Item il giovedì 9 del mese per tre pelli nere per le maniche e un collare piccolo, e per del filo davanti fino alla cinghia, in ragione di tre soldi 6 denari la pelle: e di mani 2 reali. Somma tutto: 13 soldi.

Item lo stesso giorno, per miele per la cotognata, a tre denari la libbra, 17 libbre e mezza: 4 soldi, 3 denari [...].

[fol. 124v.] [...] Natale. Item il venerdì 16 di tale mese per torroni con semi di sesamo, e che fece madonna Constanza, per 4 libbre di miele, 1 soldo; per 4 libbre di nocciole tostate, 1 soldo e 9 denari, e per una libbra di semi di sesamo 5 denari. Somma tutto: 3 soldi, 8 denari.

Item per il “piccolo vescovo” di Natale dei ragazzi: 1 soldo.

Trasmettitrice di cultura orale: serenate mattutine

[Aggiunto alla fine del folio 118v.]

Nel mio cuore amo una signora.

Vi desidero così tanto, signora mia,

che non ve lo potrei dimostrare mai. Strofa.

Ma vi desidero segretamente

che non vi mostro tale sembiante,

se scoprissero il mio tormento

la mia vita sarebbe migliore. Strofa [...].

Trascrizione

[fol. 12v.] […] A XXII de febrer [MCCCCXLII] comté les toveloles mies de cap. Són: primerament són les tovalloles grans XII. Ítem són les miganes IIII. Ítem són les petites XVII.

Ítem a II de octubre trametí an Balester, lo veler, que·m fes vels de lí e de cota ab lo cresp larch: primerament II vels petits per los polsos, agen IIII palms e mig de larch cascú.

Ítem dos vels per portar la horeta al front, agen VI palms de larch cascú.

Ítem dos vels per dejús les bares que agen V palms cascun de larch.

Ítem dos vels per dobles, le hun age VIII palms e l’altre VIII e mig.

Ítem un gran vel sobre tots los altres, qui age VIIII palms.

Some tota la lergària dels damont dits vels: XXXXI palm, qui fan V canes e I palm. […]

[fol. 41r.] Les coses qui la senyora tramet a sas fillas:

Primo sis parells de goans.

Ítem dues asses de fil blanch.

Ítem dues bosses d’estam e una de cuyro burel.

Ítem tres crespines violades, la una blava.

Ítem tres pesses de vells grans e dos petits.

Ítem VII claves de or e de sede.

Ítem un parell de ganibets ab cordó de seda blancha e negra.

Ítem un collar de paternostres negres.

Reste que hi fal a tremetre: un miral de foch, e le belle bose, e le corege, e los tapins ab les boletes.

Ja té lo miral. Ja u té tot.

[fol. 42r.] MCCCCXLI. Letres trameses de deemebre.

A XXX de dehembre scriví a mossen Arnau [...] avisant d’assò que Johannes m’havia dit qui torbave la venguda de ma filla, la vídua, e avisé lo portador que no donàs la letra sinó a mossen Arnau o a ma filla petita.

Ítem dissabte a XXXI de desembre trametí una letra a mon frare don Juan de Ixer ab un alberà dins qui anave en Besalú. En la qual letre de mon frare fehie menció de la maleltie de me sor, de ne Timbor, e dels falcons. Trametili a casa d’en Gabriel Homedes.

A XX de gener resposte a les tres letres de mossèn Arnaud, he a la de la comtessa. Fahie mensió a la cort que havia agut ab don Johan d’Íxer, del vestir he del folrar.

A XXX de gener fiu resposte al senyor cardenal de le letre qui deie qui jo tingués algú en Bearn per sol·licitar los ets de ma file; la qual letre doné a Juannes qui le·y tremès.

Ítem dimecres lo primer die d emarts, escriví a mossèn de Comenge per Sanxo, servidor de la comtese de Fox. Fou per la vengude de me file[...]

[fol. 48r.] Ihesus. Ayn CCCXLI. Ne Berala.

Divendres a XVII de febrertremetí per madone Constanse a ne Berale fil per blancagar a rahó de tres sous le lliura segons se segueix:

Ítem fil filat de la dite madone Constanse XIII rams qui pesen sis onces, cru. Es tornat a 4 onces. Item filat de Juliane 11 rams, qui poesen 9 onces, cru. E tornat a 6 onces e mige. Ítem filat de mi, Sanxe Xomenis. Son los rams 30 rams qui epsen 2 lliures, 7 onces, cru. És tornat a VI lliures I onsa e mige. [...]

[fol. 50r. ] […] Ítem diluns a 19 de juyn tremetí a ne Barale 9 rams de fil per fer blanch, qui pesen 5 onses.

Aporta-le·y Antoni am tres rams, filat de madone Constanse, las altres són filats de mi e de Juliane e de Asperanse.

Ítem a 15 d’agost resebí les dites 5 onses e pegué-les.

Ítem dimecres a 26 de setembre tremetí a Torroelle que me trametessen a Barselona an Bofill 33 rams de fil, los 10 rams eren filats de mà de madone Constranse, e los 22 de nosaltres totes. Pesen 15 onses, bé bestants, e tremetí-hi per pagar 3 sous: 15 onses.

Item resebí la lliura desús dita de fil en lo mes de nohembre, portartale hen Vidal de Toroelle. Tornà cant fou blanch a 10 onses e mige. […]

[fol. 55v.] Ayn MCCCCXL dimarts a XX del mes de setembre[ ...]

Seguex-çe la manera com sa fan les elbergènies en sols per stogar fins a la Corema: Primerament pendre les dites albergènies qui sien poguetes e fendre-les pel mig, però que stigan que no·s depertenguen, e feneu la coste e traurem lo fustet que tenen dins, però no fa lavar las barbas, que bones hi són, e bolir les dites albergènies en aygue ab sal, però fins que l’aygua bulla no y matau les albergínies. E com conexerets que comensan a blanir, traure-les de la dita aygua, e stendre-les sobre una post e posant-la a l’ayra. E com conexerets que sian axutes, a cap d’un dia o un e mig, agau clavels de girofle e a cada part de la albergènia meten-n·i un o dos, segons que bons vos sabran. Aprés, agau salses, axí com és pebre, canela e gingibre, polvoritsat, però ageu més pebre que naguna de les altres salses, e salpistan-les-ne totes de dins d’una n’una. E fet tot açò, agau vinagre blanch, e si masa és fort, meteu-hi aygua e meteu-hi cantitat de mel fins que torna agre-dols; e bolits-ho tot dos o tres buls abans que·n matau les algergènies, e puys, meteu-hi les albergènies e fent-li donar un bul o dos fins que sien moletes e cuytes reonablement, e puys treets la parola del foch e a cap d’un poch trets-ne les albergènies e meteu-les en una ola e fets que sien be cobertes del vinagra ab què an bulit, e tanttost na poden mengar, però no tapen la ola fins que tot sia ben fret.

[fol. 59r.-v.] Reebudes que he fetes de l’ayn qui finerà a XLII, segons apar desús escrit de ma mà [...]

Ítem resebí per composesió de ferme de hune carte de remensa de hòmens e de dones d’en Pidemont, per dos masos, tres florins: I lliura, XIII sous.

Ítem per composesió de ferme d’una carta de remenses d’omens e fembres d’en Crose, per lo mas Simon, I florí: XI sous.

Item per composesió de ferma de hune cartederesemensa d’omens e fembres, I sou [...] Item resebí de la composesió del fil d’en Bosch entre diners e castaynhes VI florins […]

[fol. 69r.] Jhesus. En nom de Déu sie.

Vui, qui és dimecres que tenim XVIII del mes d’abril de l’ayn MCCCCLXII dins lo castel de Verges, jo, Sanxe Ximenis de Fox e de Cabrere, done de la Val d’Osor, són vengude a comtà. Hi e comtat ab en Pere Sobirà, loctinent de bayle de le dite Val, hi havem comtat del primerdie de juyn de l’ayn MCCCCXLI qui finerà lo derer die de magde l’ayn XXXXII, he comtat tots los sensos, axí de blat com de dinés, he de forment, e de sivade, e d’ordi, e de mestal, e de legums venuts fins a le desús dit jorande; e de tots los delmes de carnelatges resebuts finsa ledite jornade, he c.aguem venut fins a le dite jornade, e remenses, composecions e fermes de cartes, e tots aveniments resebuts fins a la dite jornade. Me avets a tornat a compliment de le emont dites coses XXII lliures, II sous, IIII dinés.[...]

[fol. 73v.-74r.] Comensen les resebudes de l’any que comensa al primer die de juyn de l’any MCCCCXLIIII, e finerà lo darer die de mag de l’any MCCCCXLV.

Primerament e resebut de composesió d’en Cam Pla de Aguats V florins que mossèn Pere Joan a composat ab el e ab un altre a V florins, tres florins, resten-me’n II floprins: I lliura, XIII sous.

Ítem per resemció d’en Pere Caldés III florins: II lliures, IIII sous.

Ítem més d’en Masferrer per compre d’una terre: XI sous.

Ítem més d’en Masferrer per entrade de la muler XXV sous: I lliura, V sous.

Ítem d’en Mont de Sante Creu per resensó de une file: II sous, V.

Ítem és pagat en Vilanove del botatge del vi de l’any MCCCCLXIIII: XII lliures.

Ítem més de les rendes: XXXIII lliures. […]

[fol. 78r.] Despeses de forment, he de molture, de ajude he de forn. Ayn MCCCCXLIII Ítem dimarts a XXII d’octubre comprà mosèn Pere Johan, prevere, IIII corteres de forment a XV sous la cortere, coste de garbelar IIII diners: III lliures, IIII.

Ítem divendres a XXV d’octubre, vench la farine del dit forment, pegué al jove qui le aportà le multure e le ajude: VI sous, IIII.

Comensem a pastar de la dita farine dogous a VII de noembre.

Ítem disapte a VII de desembre pagué Ne Maria, le fornere, per lo coure del pa de tot sò desús escrit qui són, VIII corteres, e-li dat VIIII sous, IIII [...]

[fol. 109r.]

MCCCCXLIII. Memorial de roba qui·s levà de fora case:

A XV de octubre se’n portà na Salvadora Sunyera, de Sant Cugat de Vallès: primo unes cortines blanques, V peces, costaran de lavar: II sous, VI.

Ítem dues tovaylles grans a III diners la pessa: VI.

Ítem dues tovalles petites a un diner la pessa: II.

Ítem dos tovayllons e axugamans: I.

Fou pagade III sous, III.

A IIII de noembre se’n portà VIIII tovalles, les tres són grans: I sou, II.

Ítem tovallons VI: III.

Ítem axugamans III. Item torcacoltells III: I.

Ítem tovalloles II: I.

Ítem a XXVI de noembre aportà le dite robe e fou pagade: I sou, VII.

Ítem se n’aportà le dite done lo die matex: un parel de lensols prims del meu lit, de tres telles: IIII.

Ítem dos parels de lensols de companyhe, A IIII diners lo par: VIII.

Ítem dues tovalles grans noves per canegar, a IIII diners la cane, a cascuna cotre canes. Monten: II sous, VIII.

Sume aquesta pàgine VIII sous, VI.

[fol.119v. ] Ayn MCCCCXL. despeses extraordinàries

[...] Ítem diluns a XXVI de setembre per un sent d’agulles de cap: II sous, I.

Ítem dimarts I cane e mige de canemàs per adobar un matelàs a XX diners la cane, e per una rove de lana sardesca per lo matelàs: VI sous, V.

Ítem coste lo dit matalàs de fer de XV palms de larch e XII d’ample del lit, de Valsens, la mesió de dinar a I: IIII sous.

Ítem lo dia matex per I mise : I sou.

Ítem dimecres a XXVII del dit mes, sivade, mig cortà per les galines: III [...]

[fol. 122v.]

[...] Ítem dimarts a VIII de noembre segou per les galines: VI.

Ítem dimecres a VIIII del mes, per adobar les estores: V sous, VIII.

Ítem digous a VIIII del mes per tres pèls negres per les mànegues e colar petit, e per fil devant fins a le correge, a rahó de tres sous VI le pell: e de mans II reyals. Some tot: XIII sous.

Ítem lo die matex, per mel per lo codoynat, a tres diners la lliura, XVII lliures e mige: IIII sous, III [...]

[fol. 124v.]

[...] Nadal. Ítem divendres a XVI del dit mes per torons ab alegrie, he que fou madone Constanse, per IIII lliures de mel.

I sou, per IIII lliures d’avelanes torades I sou VIIII, e I lliura de vi bo VI, e per I liura d’alegrie V. Some tot: III sous, VIII.

Ítem per lo bisbe de Nadal dels fadrins: I sou.

[Afegit al final del foli 118v.]

A mon cor fay ham senyora.

Més vos am senyora mia.

que mostrar may no us poria. Cobla

Mes vos am secretament

que no us most tal continent,

si sentien mon turment

ma vida milor seria. Cobla [...]

Temi: Lavori in relazione e saperi delle donne

Autrici

Teresa Vinyoles Vidal
Teresa Vinyoles Vidal

Teresa Vinyoles Vidal è nata a Barcellona nel 1942; sposata con due figli e due figlie, è docente titolare di Storia medievale all’Università di Barcellona e fa parte del Centro Duoda di tale università dalla sua fondazione. Tra le sue linee di ricerca ci sono lo studio delle donne, a cui si è dedicata dal 1969, e quello della vita quotidiana nell’epoca medievale; coordina un progetto di ricerca sulla didattica della storia. Tra i suoi lavori: Les barcelonines a les darreries de l’edat mitjana (Barcellona, Fundació Vives Casajuana, 1976); La vida quotidiana a Barcelona vers 1400 (Barcellona, Fundació Vives Casajuana, 1985); Mirada a la Barcelona medieval des de les finestres gòtiques (Barcellona, Dalmau, 2002); Presència de les dones a la Catalunya medieval (Vic, Eumo, 2004). E numerosi articoli sulla storia delle donne, tra i quali: Petita biografia d’una expòsita barcelonina del segle XV (Barcellona, CSIC, 1989 p 255-272); L’amor i la mort al segle XIV, cartes de dones (“Miscel·lania de textos medievals” 8, Barcellona, CSIC, 1996, p. 111-198), e Las mujeres del año mil (“Aragón en la Edad Media” XVII, 2003, pp.5-26).

Introduzione

Propongo una riflessione intorno al lavoro femminile nel mondo medievale. Potremmo partire dalla teoria feudale della società tripartita: quelli che pregano, quelli che combattono e quelli che lavorano; ma già i pensatori medievali si resero conto che in questa stretta divisione sociale era molto difficile classificare le donne, e un chierico irlandese si affrettava ad affermare: Non dico che la funzione delle donne sia di pregare, lavorare o combattere, ma che esse sono sposate con coloro che pregano, lavorano e combattono, e li servono. A questo “servire” potremmo dare un doppio senso. In primo luogo potremmo intendere che le donne svolgessero compiti servili, che in senso proprio sono lavori manuali e pesanti, quelli per i quali si ricorreva anche alle schiave; ugualmente potremmo dire che realizzassero un’opera che andava oltre il lavoro retribuito: loro servono, sono utili. Seguendo il testo alla lettera dovremmo dire che la missione delle donne consisteva nell’essere utili agli uomini della comunità; dandovi un senso più ampio potremmo affermare che si riconosce che servono a tutta la comunità.

Il lavoro manuale, specialmente il lavoro della terra, era proprio dei servi, uomini e donne; tutte le faccende quotidiane della casa erano proprie delle donne di qualunque classe sociale. Durante i secoli medievali si considerarono servili i lavori che si svolgevano propter lucrum, per lucro: non specificamente i lavori manuali né solo quelli retribuiti bensì quei lavori che non si potevano fare di domenica. Molte incombenze quotidiane femminili potevano sembrare materialmente servili, cioè manuali, ma erano formalmente libere, giacché non erano remunerate; così non sarebbero state considerate moralmente servili, per cui si sarebbero potute svolgere di domenica. In questo modo, di fatto, si dà dignità al lavoro casalingo, ma le occupazioni femminili non hanno fine, le donne non dispongono per sé di nessun giorno di ozio. La vita delle donne è una vita piena di lavoro.

Dicevo che i lavori delle donne potevano sembrare meramente manuali, ma sappiamo che non è così: possiamo affermare che il lavoro delle donne si presenta in due modi diversi: come lavoro servile e come “lavoro emozionale”; il lavoro servile si riferisce alle lunghe giornate di lavori domestici ripetitivi, con risultati effimeri; il lavoro emozionale consiste in una serie di compiti e pratiche molto complesse, di trasmissione, di relazione, di attenzione. Alcuni pensatori medievali riconoscevano questa funzione: Non ignori che quando qualcuno si trova in salute o ammalato (le donne) servono molto diligentemente, e meglio, e più rettamente degli uomini. Notiamo che si insiste nel senso di “servire”.

Ci sono delle abilità delle donne, accumulate per generazioni e trasmesse di madre in figlia, da signore a serve, persino da serve a signore, da maestre a apprendiste; sono saperi propri della collettività femminile; tra le molte cose che dovevano sapere bisogna pensare anche alla gestione e all’amministrazione. Questi lavori erano spesso contrapposti, su un piano teorico, all’attività spirituale. I sermoni parlavano di Marta e Maria: il lavoro di Maria, quello contemplativo, che possiamo considerare, fino a un certo punto, intellettuale, era riservato quasi esclusivamente alle monache; il resto delle donne, comprese le nobili o le borghesi, dovevano essere Marte, cioè tutte loro dovevano impegnarsi nella dedizione alla famiglia, ai compiti e al governo della casa, al lavoro con la rocca. Mentre per gli uomini delle classi agiate si offrivano momenti di ozio, si chiedeva a tutte le donne che fossero sempre occupate.

La casa medievale, tanto una masseria come un castello o una casa urbana, è una unità di produzione, consumo e riproduzione; la donna di tutte le classi sociali si faceva carico dell’amministrazione e del buon governo della casa, collaborava alle attività professionali del marito, che in caso sostituiva, si faceva carico di tutto quando diventava vedova; doveva conoscere delle tecniche e mettere in pratica delle strategie, per cui le si richiedevano capacità e anche attitudini, in definitiva doveva essere sapiente: Alla donna conviene vivere saggiamente e governare con giudizio se stessa e la sua casa, e istruire i suoi figli e le sue figlie, e la sua compagna.

Le padrone di casa dovevano amministrare l’economia domestica e svolgere le faccende quotidiane, anche se erano solo le donne di più uminili condizioni a farlo da sole; nelle case più agiate e a volte non molto agiate c’era qualche serva o schiava che aiutava nei lavori più pesanti; poteva dunque sembrare che le padrone di casa stessero spesso in ozio, ma come vedremo non era così, normalmente erano al corrente degli affari e dei redditi familiari e anche loro lavoravano con le mani.

Le donne delle classi popolari era evidente che non potevano smettere di lavorare, in modo molto diretto si riferiva a loro Eiximenis: Delle semplici e delle minori di quelle non c’è bisogno di parlare, dato che per forza devono essere occupate se vogliono vivere. Oltre alle faccende domestiche, dovevano dedicare parte del loro tempo a qualche lavoro retribuito, come aiutanti nei campi, nell’opificio delle famiglie artigiane, o con un lavoro proprio, normalmente poco qualificato e mal pagato. L’impressione che dà la documentazione medievale è che tutte erano capaci di svolgere una grande quantità di attività, conoscevano tecniche molto varie, i lavori occupavano le loro ore e i loro giorni, molti di questi lavori erano legati alle faccende quotidiane, cioè alla vita. Inoltre osserviamo che erano depositarie e trasmettitrici di una cultura che, in parte, era differente rispetto alla cultura dominante.

Vedovanza attiva

Il documento che presentiamo ci offre un campionario dei molteplici lavori, dei sorprendenti saperi, della costante attività di una vedova della nobiltà. Si tratta di brani di un libro di contabilità della nobile Sancha Ximenis de Cabrera, che comportano un percorso attraverso l’alimentazione, l’economia domestica, l’amministrazione delle rendite feudali, i vestiti, i rapporti con le figlie, la corrispondenza, il lavoro manuale e la gestione di un opificio di filatura; ugualmente, possiamo introdurci nella cultura di questa donna, e per estensione delle donne del suo tempo e della sua classe; ma possiamo anche vedere il suo rapporto con altre donne delle classi popolari con cui manteneva contatti professionali.

Quando scrisse quello che lei intitolò Primer libro memorial, Sancha Ximenis era vedova da ventitrè anni: si era sposata nel 1408 con un figlio della contessa di Foix, Arquimbau de Grailly, con cui ebbe due figlie, e di cui rimase vedova dopo nove anni di matrimonio. Lasciò le terre del contado di Foix in data che non possiamo precisare, senza aver recuperato del tutto la dote che le dovevano; investì il suo denaro e il suo impegno nella cappella di Santa Chiara della cattedrale di Barcellona e nell’acquisizione e amministrazione dei diritti sulla valle di Osor che aveva comprato dal fratellastro Ramon de Cabrera. Morì vecchia, aveva un’ottantina d’anni, nel 1474; cioè visse da vedova per cinquantasette anni.

I moralisti sottolineano che la vedova doveva distinguersi per l’austerità del vestire e per la diligenza. Dice san Gerolamo: la vedovanza non si deve mostrare solo nei vestiti neri e ampi, ma anche in qualsiasi ornamento... Oh, che cosa avrebbe detto san Gerolamo di questi tempi se avesse visto le nostre vedove abbigliate alla castigliana, dipinte nel volto... nelle loro case non si fanno mai i mestieri, o pochi, ma dal letto alla tavola e dalla tavola alla finestra. Evidentemente, non è il nostro caso: nei suoi libri di contabillità difficilmente si citano vestiti, con l’eccezione di un considerevole numero di veli; in casa di Sancha, come vedremo, c’era lavoro, e non poco.

Nonostante quello che ci dice Eiximenis, la situazione delle vedove in Catalogna era notevolmente peggiorata a partire dal XIV secolo; le nuove leggi, come la Recognoverunt Proceres (1284) e quelle approvate alle Cortes di Perpiñán del 1351, che raccolgono la tradizione del diritto romano, riducevano i diritti delle donne e incidevano sulla vita delle vedove, che perdevano l’usufrutto vitalizio riconosciuto dal diritto precedente ed erano lasciate alla mercè della dote, se la potevano recuperare, cosa che in certi casi non era facile, e della volontà del marito, che poteva lasciare la moglie ben provvista oppure letteralmente sulla strada, trascorso l’anno di lutto. Non vorrei approfondire l’aspetto della vedovanza, ci porterebbe fuori dal nostro tema centrale che è il mondo del lavoro; ma devo constatare che le vedove, per la loro peculiare situazione economica e legale, sono le donne il cui lavoro è più visibilmente documentato. Sono convinta che lavorassero tutte le donne, ma la loro partecipazione al mondo del lavoro rimane spesso più nascosta quando sono sposate. Tutte le donne collaboravano all’impresa familiare, che fosse il governo di un feudo o affari mercantili, lo sfruttamento agricolo o un opificio.

Questa collaborazione non era contemplata dagli statuti delle corporazioni, ci restano pochi contratti di lavoro di donne e il lavoro che facevano era riconsciuto in ben pochi casi. In ogni modo, abbiamo delle prove: alcune vedove si tenevano gli utensili del defunto marito, si dà per certo per continuare a lavorare, dato che conoscevano le tecniche del mestiere; questo parrebbe evidente nel caso delle vedove dei tessitori, dei sarti o di altri artigiani del vestire, ma anche le vedove di coloro che esercitavano mestieri che possono sembrarci lontani dai lavori che crediamo abitualmente esercitassero le donne, avevano interesse a tenersi qualche utensile dell’opificio. Così, per esempio, la moglie di un arrotino di Barcellona andava alle aste a comprare mole con i beni del defunto marito. O il caso estremamente interessante di Isabel, vedova di Genís Solsona, farmacista di Barcellona, morto nel 1445, che riceveva come legato testamentario del suo defunto marito un frantoio con tutti gli attrezzi necessari per la produzione di amido, che era il lavoro che lei svolgeva abitualmente nel laboratorio e di cui era un’esperta professionista.

Una volta morto il marito, sembrerebbe che la vedova potesse agire da sé, ma a volte non era così, la povertà impediva a molte vedove di fare qualsiasi cosa se non sopravvivere; in particolare le vedove anziane e senza figli erano le meno protette. Troviamo anche vedove giovani che devono sostenere innumerevoli cause per riuscire a recuperare la dote, e altre che sono controllate dalla famiglia o dagli eredi del marito, o altre separate dai loro figli e figlie dato che il marito non le aveva lasciate come tutrici. Di fatto, la società esercitava un controllo sulle vedove, ma evidentemente più distante da quello che il padre poteva esercitare sulle figlie o il marito sulla moglie.

Durante la sua lunga vedovanza, Sancha Ximenis dovette affrontare circostanze avverse. Comunque, all’epoca del testo di cui parliamo, il decennio 1440, quando aveva meno di cinquant’anni, la troviamo piena di energia, lucida, saggia, prudente, decisa, ostinata e attiva, essenzialmente molto attiva.

Viveva abitualmente a Barcellona con un piccolo gruppo di domestiche e domestici; ma si recava spesso nelle terre di Girona dove aveva i suoi domini e dove vivevano altri membri della famiglia Cabrera. Risulta con molta chiarezza che lei personalmente andava a fare i conti e a riscuotere i suoi diritti e inoltre che era lei stessa ad annotarli nel suo libro contabile: Oggi, che è mercoledì, che siamo al 18 del mese di aprile dell’anno 1442, nel castello di Verges io, Sancha Ximenis de Foix y de Cabrera, signora del Valle de Osor, sono venuta a fare i conti. E ho fatto i conti con Pedro Sobirà, luogotenente del podestà di detta valle. Fa i conti delle entrate: riceveva parte dei censi in denaro e il resto in cereali e legumi, che non riscuoteva in specie bensì per l’importo della vendita una volta venduti; riceveva anche diritti sul vino, sulla carne, sulla canapa e su altri prodotti; ugualmente riceveva alcune cose in specie, come le castagne.

Come signora della valle, Sancha Ximenis riscuoteva riscatti e altri diritti banali, risultano vari tipi di entrate. Possiamo citare il riscatto di un uomo che destina a questo la somma piuttosto elevata di 43 soldi; invece la figlia di un contadino si riscatta per la somma minima prevista dalla legge in caso di riscatto di giovani vergini che andavano via dalla masseria per sposarsi, 2 soldi e 8 denari, anche se non lo riscuote tutto la signora dato che 3 denari saranno per il salario del podestà. Diversamente, per entrare in una masseria una donna paga 25 soldi. Se teniamo conto del fatto che è probabile che la ragazza si riscattasse dalla masseria del padre per andare a vivere nella masseria del marito, sommando la dote, il vestito da sposa e altre spese, un matrimonio in campagna era piuttosto caro per il potere d’acquisto dei contadini del XV secolo.

Dicevamo prima di una certa precarietà nei riferimenti ai vestiti: in generale le spese di Sancha sono austere. Sembra avere solo tre debolezze: la cappella della cattedrale, la difesa dei suoi diritti per i quali impiega denaro ed energie, e i regali alle figlie che vivevano a Bearn.

Sancha Ximenis apparteneva alle classi privilegiate, e questo comportava tra le altre cose l’accesso alla cultura scritta. Sancha era una donna istruita che portava avanti personalmente la sua contabilità e un’attiva corrispondenza di cui disgraziatamente ci è rimasto ben poco. Nel testo che commentiamo lei stessa ci dice che scriveva e mandava lettere e che ne riceveva e vi rispondeva: scriveva alle figlie, o a persone loro vicine, ad altri membri della famiglia, a diverse autorità, sia religiose sia civili, soprattutto scriveva per reclamare i suoi diritti o i diritti delle sue figlie.

Tecniche e saperi quotidiani

Il testo che commentiamo contiene in buona parte la contabilità domestica. Sancha era una padrona di casa e si occupava del buon governo e dell’amministrazione della casa: tra le altre cose, del cibo quotidiano, delle spese ordinarie come il pane e di quelle straordinarie come il pranzo delle feste. Per quanto riguarda il pane, che è l’alimento di base, si occupava di tutto il processo di elaborazione: comprava il grano, normalmente per mezzo di un chierico al suo servizio, pensiamo allo scopo di risparmiare qualche tassa, e lo faceva mondare e macinare, pagando sia il lavoro del mugnaio sia quello del facchino e l’aggiunta o imposta dovuta. Il pane lo impastavano in casa, molto probabilmente lo faceva qualche domestica, e poi lo si portava a cuocere al forno: per l’infornata pagava alla panettiera. Lo annota in modo minuzioso: Cominciammo a impastare tale farina il giovedì 7 novembre. Il sabato 7 dicembre pagai a Maria, la panettiera, per cuocere il pane.

Si prendeva cura dei vestiti e della biancheria, annotava puntualmente la lista della lavandaia, cioè tutti i capi che si mandavano a lavare fuori casa e che si davano in mano a una professionista affinché li restituisse puliti. Spesso possiamo leggere: Memoriale di roba che si è lavata fuori casa. Era biancheria, lenzuola, tovaglie, asciugamani, tovaglioli, panni, tende...

Normalmente non ci sono spese superflue, gli oggetti e le cose che si rompono li faceva aggiustare, così si rammenda un materasso di lana o dei tappeti. Nella casa si allevavano galline e si preparavano confetture, soprattutto cotognata, per cui si comperavano le mele cotogne e il miele.

Per le feste di Natale, in casa di Sancha Ximenis e supponiamo in molte case più o meno agiate del tempo si preparavano torroni e angelets, che credo fossero cialde, e il vino speziato o il vino bianco al miele e cannella. Insieme alla sua fedele collaboratrice, Sancha elaborava i torroni per il Natale del 1440, e annotava nel suo libro una settimana prima delle feste: per torroni con semi di sesamo, e che fece madonna Constanza, 4 libbre di miele, 4 libbre di nocciole tostate, e una libbra di semi di sesamo. Regalava torroni ad alcune donne della famiglia e celebrava la festa del “piccolo vescovo” per i ragazzi della sua cerchia o che erano al suo servizio.

Lavorare in un ambiente femminile

Ciò che possiamo trovare più sorprendente nel libro dei conti di Sancha Ximenis sono le pagine dedicate alla sua attività professionale. Letto attentamente il libro, arriviamo alla conclusione che gestiva un opificio di filatura, in cui lavorava lei stessa e altre quattro o cinque donne. In primo luogo dovremmo citare madonna Constanza, la sua principale collaboratrice durante quegli anni e donna di fiducia; poi c’era Juliana, la castigliana, e Esperanza, la Magarola risulta come filatrice e anche come cucitrice. Aveva al suo servizio la Servalls che molto probabilmente lavorava nell’opificio e che inoltre faceva commissioni fuori casa.

Filavano tutte insieme, Sancha annotava nel libro le matasse filate da ciascuna di loro e il peso del filo. E fa risultare che lei filava e poi annotava con la sua scrittura filato da me, Sancha Ximenis. Dopo faceva candeggiare il filo: la Berala, candeggiatrice di filo, era colei che abitualmente si faceva carico di questo lavoro per cui riscuoteva tre soldi la libbra; questa professionista riceveva il filo grezzo e doveva sottoporlo a una serie di operazioni per togliergli le impurità che aveva di natura e che gli davano una certa tonalità, in modo che rimanesse bianco, e nel corso di questo processo il filo perdeva peso. Perciò Sancha Ximenis pesava le matasse di filato prima e dopo il candeggio.

Una volta compiuta questa operazione, si portava il filo alla tessitura: l’incarico veniva dato soprattutto a tessitrici di mestiere, anche a qualche tessitore ma nella maggior parte dei casi sono donne tessitrici quelle che lavoravano per Sancha: Aldonça, moglie di Gabriel Bofill; Catalina la Aragonesa, la Creixells, la Seguera o la Cortadella, tessitrice della via del Carmen di Barcellona; sarebbero tessitrici di veli o tessitrici di lino.

Quando si recava nelle terre di Girona per fare i conti dei suoi domini, potremmo pensare che interrompesse la sua attività e la routine quotidiana; ma non era così, l’accompagnavano le donne della casa e si portavano dietro il lavoro e continuavano a filare: mercoledì 26 settembre chiesi a Torruella -sicuramente da Osor dove era andata a fare i conti con il podestà- che mi mandassero a Barcellona presso Bofill 33 matasse di filo, 10 matasse erano filate dalle mani di madonna Constanza e le altre 22 da tutte noi. Potrebbe essere filo da far tessere a Aldonça, moglie di Gabriel Bofill.

Quando annota tutte le sue spese menziona anche una negoziante, Margarita Esiberta, da cui ha fatto alcuni acquisti; Maria la panettiera che le infornava il pane; le lavandaie Maria e Salvadora che si portavano via la roba da lavare fuori casa.

Questo ambiente di scambi e di relazioni andava oltre le pareti di casa. Sancha, verso settembre del 1440, annotava minuziosamente la ricetta per conservare le melanzane, così possiamo seguirne il procedimento passo passo. Penso che potrebbe aver ricevuto la ricetta oralmente da qualche contadina e lei, donna istruita, la mise per iscritto, diventando un anello di trasmissione di cultura femminile.

Indicazioni didattiche

Con questo testo, scritto con una finalità eminentemente pratica, un libro di contabilità, si può fare un ripasso dei saperi che nascevano dalla pratica, dall’esperienza; cioè dal lavoro, dall’apprendistato, dal magistero, che sempre partono e si sviluppano in relazione. Possiamo parlare dell’approvvigionamento, della cucina, della conservazione dei cibi, della confezione e cura dei vestiti, della celebrazione rituale delle feste, della medicina casalinga, della preoccupazione per le figlie e i figli, di tutto un insieme di sapienza popolare, sapienza femminile, pratiche di relazione, cura dell’altro e cura delle cose al servizio degli altri.

È un riconoscimento dei lavori femminili, di quelli retribuiti, generalmente mal retribuiti, e di quelli non retribuiti; di quelli riconosciuti, normalmente riconosciuti solo a metà, e di quelli passati sotto silenzio. È un modo di avvicinarci all’altra cultura, che correva -e corre ancora- parallela alla cultura dominante, e che era in mano alle donne e si trasmetteva da una donna all’altra.

Bibliografia: Lavori in relazione e saperi delle donne
Fonti consultate
  • El llibre de comptes com a font per a l’estudi d’un casal noble de mitjan segle XV. Primer llibre memorial començat per la senyora dona Sanxa Ximenis de Fox e de Cabrera e de Novalles 1440-1443. A cura di Jordi Andreu, Josep Canela e Maria Àngela Serra. Barcellona, Fundación Noguera, 1992.
  • El llibre del servidor de Sancha Ximenis, Albaceazgos de la Pía Almoina. Archivo de la Catedral de Barcelona.
  • Archivo Histórico de la ciudad de Barcelona, Ordenaciones, 3.
  • Le Ménagier de Paris. Traité de morale et d’économie domestique. Parigi, 1846.
  • EIXIMENIS, Francesc, Dotzè del Cresià. Publicado en La societat catalana al segle XIV. A cura di Jill Weebster. Barcellona, Edicions 62, 1967.
  • EIXIMENIS, Francesc, Lo libre de les dones. Barcellona, Universidad de Barcelona, 1981.
  • METGE, Bernat, Lo Somni. Barcellona, Barcino, 1925.
  • VILLENA, Isabel de, Protagonistes femenines de la "Vita Christi". Edizione a cura di Rosanna Cantavella e Lluïsa Parra. Barcellona, La Sal, 1987.
Bibliografia utilizzata
  • BONNASSIE, Pierre, La organización del trabajo en Barcelona a fines del siglo XV. Barcellona, CSIC, 1975.
  • BERTRAN TARRÉS, Maria; CABALLERO NAVAS, Carmen; CABRÉ I PAIRET, Montserrat; RIVERA GARRETAS, María-Milagros y VARGAS MARTÍNEZ, Ana, De dos en dos. Las prácticas de creación y recreación de la vida y la convivencia humana. Madrid, horas y HORAS, 2000.
  • COMAS, Mireia, "Una adroguera barcelonina del segle XV: Isabel, vídua de Genís Solsona".
  • DUBY, Georges, Les Trois Ordres ou l’imaginaire du féodalisme, Parigi, Gallimard, 1978; tr. it Lo specchio del feudalesimo. Sacerdoti, guerrieri e lavoratori, Roma-Bari, Laterza, 1981.
  • Las mujeres en las ciudades medievales. Madrid, Seminario de estudios de la mujer, Universidad Autónoma de Madrid, 1984.
  • MUÑOZ, A.; SEGURA, C. (eds.), El trabajo de las mujeres en la Edad Media Hispana. Madrid, Asociación cultural Al-Mudayna, 1988.
  • ROSE, Hilary, "Trabajo de mujeres: conocimiento de mujeres", in Mujeres: ciencia y práctica política. Madrid, Debate, 1987, 57- 86.
  • VINYOLES, Teresa "L'utillatge de la llar als darrers segles medievals". Anuario de Estudios Medievales, 25. Barcellona, CSIC, 1999, 1165-1184.
  • VINYOLES, Teresa, "La casa i l’obrador d’un esmolet de Barcelona a finals del segle XIV". Cuadernos de Historia Económica de Cataluña, n. 15, Barcellona, 1976, 9-49.
  • VINYOLES, Teresa, "El pressupost familiar d’una mestressa de casa per l’any 1401". La societat de Barcelona a la Baixa Edat Mitjana. Universidad de Barcelona, 1983, 101-112.
  • VINYOLES, Teresa, "Cartes de dones del segle XV, notes sobre la crisi feudal". Acta Mediaevalia.
  • WOOLF, Virginia, Una stanza tutta per sé, in Per le strade di Londra, trad. di Livio Bacchi Wilcock e J. Rodolfo Wilcock, Milano, Il Saggiatore-Garzanti, 1974.

    Note al testo

    1. Potrebbe riferirsi a libbre, servendosi dell’unità di misura romana asse , anche se è una forma che non ho trovato in uso in questo tipo di documenti.

    2. La crespina è una benda intessuta d’oro o di tessuto fine che le donne portavano in testa come ornamento o per raccogliere i capelli.

    3. Sono i grani più grossi del rosario, chiamati così perché corrispondono ai punti in cui bisogna recitare un Padrenostro (n.d.t.).

    4. Unità di misura di capacità usata in Catalogna, equivalente a 70 litri (n.d.t.).

    5. Unità di misura di peso equivalente a 25 libbre, circa Kg. 11,5 (n.d.t.).

    6. Unità di misura di capacità usata in Catalogna, equivalente a 18 litri (n.d.t.).

    7. È un errore, sarà il giorno 10.

    8. Testo di Gerbert de Limerick (Irlanda 1110-1130) citato da Georges Duby in Les Trois Ordres ou l’imaginaire du féodalisme.

    9. Sul tema: Hilary Rose, “Trabajo de mujeres: conocimiento de mujeres”. In Mujeres: ciencia y práctica política, Madrid, Debate, 1987, pp. 57- 86.

    10. Bernat Metge, Lo Somni, Barcellona, Barcino, 1925, p. 102.

    11. I testi citati sono di Francesc Eiximenis, Dotzè del Cresià, capp. 554 e 563, rispettivamente. Pubblicato in La societat catalana al segle XIV, a cura di Jill Weebster. Barcellona, Edicions 62, 1967, pp. 80-83.

    12. Francesc Eiximenis, Lo libre de les dones, cap. 97, Barcellona, Universidad de Barcellona, 1981, p.148.

    13. Vinyoles, Teresa, “La casa i l’obrador d’un esmolet de Barcelona a finals del segle XIV”. Cuadernos de Historia Económica de Cataluña, n. 15. Barcellona, 1976, pp.9-49.

    14. Comas, Mireia, “Una adroguera barcelonina del segle XV: Isabel, vídua de Genís Solsona”.

    15. Abbiamo pubblicato alcune lettere in: Vinyoles, Teresa, “Cartes de dones del segle XV, notes sobre la crisi feudal”. Acta Mediaevalia, 2002. Ne trascriviamo qui una, mandata da Violante de Rec, donna proveniente dalla classe contadina benestante di Osor, a Sancha Ximenis su una spedizione di filo di canapa:

      Molto egregia signora e mia cara padrona. Innanzitutto mi raccomando alla vostra grazia e mercè. Signora, vi invio 19 libbre di filo di fibra di canapa in 58 matasse, le quali vi invio. Ho tardato tanto a mandarvi la fibra in attesa che la stoppa fosse filata, e ho aspettato finché non ne fosse filata più della metà. La Ferrera mi ha dato 22 libbre di filo grezzo, e dopo la cottura è stato restituito in 19 libbre. Signora, madonna, Vilanova, Bernardo Guillem e la vostra figlioccia, benché sia ancora tanto piccola, si raccomandano alla vostra grazia e mercè. Spero che vi piaccia tenermi la federa in cui c’è il filo. Signora mi raccomando alla vostra grazia e mercè. Violante de Vilanova.

      [Sul retro] Alla molto egregia signora e mia cara padrona, la signora donna Sancha de Foix y de Cabrera, a Barcellona.

      Non posso identificare con sicurezza queste persone, ma posso supporre che madonna potrebbe essere Isabel de Cabrera, o la madre o la suocera della mittente; Vilanova è senza dubbio il marito di Violante e Bernardo Guillem e la figlioccia di Sancha sarebbero il figlio e la figlia della coppia Vilanova-Rec.

    16. Sancha Ximenis mise anche per iscritto di suo pugno e con parole sue le sue ricette per tingere tessuti fini, lavare la seta, togliere le macchie o curare il malocchio (Llibre del servidor, fol. 57v. per treure taques dels draps fetes de tinta, prenets suc de taronges o de lima o de limona fregats-la e puis levats ho a aygua…).

      Ugualmente, nel libro di contabilità che abbiamo esaminato copiava un’orazione per il mal di gola, in un altro dei suoi libri inserisce anche una formula magica contro i vermi intestinali. In questo mondo femminile entra anche la canzone, la poesia cantata. Oggi sembra che possiamo immaginare un gruppo di donne che lavorano insieme e non cantano, ma io le immagino che filano e cantano insieme, e credo che dovrebbe essere così. Per questo Sancha copiava in una parte di pagina che avanzava tra i conti una ballata: En mi corazón amo a una señora. Os quiero tanto señora mía, que no os lo podría demostrar nunca.

    17. Testo di Gerbert de Limerick (Irlanda 1110-1130) citato da Georges Duby in Les Trois Ordres ou l’imaginaire du féodalisme.

    18. Sul tema: Hilary Rose, “Trabajo de mujeres: conocimiento de mujeres”. In Mujeres: ciencia y práctica política, Madrid, Debate, 1987, pp. 57- 86.

    19. Bernat Metge, Lo Somni, Barcellona, Barcino, 1925, p. 102.

    20. I testi citati sono di Francesc Eiximenis, Dotzè del Cresià, capp. 554 e 563, rispettivamente. Pubblicato in La societat catalana al segle XIV, a cura di Jill Weebster. Barcellona, Edicions 62, 1967, pp. 80-83.

    21. Francesc Eiximenis, Lo libre de les dones, cap. 97, Barcellona, Universidad de Barcellona, 1981, p.148.

    22. Vinyoles, Teresa, “La casa i l’obrador d’un esmolet de Barcelona a finals del segle XIV”. Cuadernos de Historia Económica de Cataluña, n. 15. Barcellona, 1976, pp.9-49.

    23. Comas, Mireia, “Una adroguera barcelonina del segle XV: Isabel, vídua de Genís Solsona”.

    24. Abbiamo pubblicato alcune lettere in: Vinyoles, Teresa, “Cartes de dones del segle XV, notes sobre la crisi feudal”. Acta Mediaevalia, 2002. Ne trascriviamo qui una, mandata da Violante de Rec, donna proveniente dalla classe contadina benestante di Osor, a Sancha Ximenis su una spedizione di filo di canapa:

      Molto egregia signora e mia cara padrona. Innanzitutto mi raccomando alla vostra grazia e mercè. Signora, vi invio 19 libbre di filo di fibra di canapa in 58 matasse, le quali vi invio. Ho tardato tanto a mandarvi la fibra in attesa che la stoppa fosse filata, e ho aspettato finché non ne fosse filata più della metà. La Ferrera mi ha dato 22 libbre di filo grezzo, e dopo la cottura è stato restituito in 19 libbre. Signora, madonna, Vilanova, Bernardo Guillem e la vostra figlioccia, benché sia ancora tanto piccola, si raccomandano alla vostra grazia e mercè. Spero che vi piaccia tenermi la federa in cui c’è il filo. Signora mi raccomando alla vostra grazia e mercè. Violante de Vilanova.

      [Sul retro] Alla molto egregia signora e mia cara padrona, la signora donna Sancha de Foix y de Cabrera, a Barcellona.

      Non posso identificare con sicurezza queste persone, ma posso supporre che madonna potrebbe essere Isabel de Cabrera, o la madre o la suocera della mittente; Vilanova è senza dubbio il marito di Violante e Bernardo Guillem e la figlioccia di Sancha sarebbero il figlio e la figlia della coppia Vilanova-Rec.

    25. Sancha Ximenis mise anche per iscritto di suo pugno e con parole sue le sue ricette per tingere tessuti fini, lavare la seta, togliere le macchie o curare il malocchio (Llibre del servidor, fol. 57v. per treure taques dels draps fetes de tinta, prenets suc de taronges o de lima o de limona fregats-la e puis levats ho a aygua…).

      Ugualmente, nel libro di contabilità che abbiamo esaminato copiava un’orazione per il mal di gola, in un altro dei suoi libri inserisce anche una formula magica contro i vermi intestinali. In questo mondo femminile entra anche la canzone, la poesia cantata. Oggi sembra che possiamo immaginare un gruppo di donne che lavorano insieme e non cantano, ma io le immagino che filano e cantano insieme, e credo che dovrebbe essere così. Per questo Sancha copiava in una parte di pagina che avanzava tra i conti una ballata: En mi corazón amo a una señora. Os quiero tanto señora mía, que no os lo podría demostrar nunca.

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