“La prima cosa bella”: uno sguardo alle cure palliative
Cristiane Avancini Alves
Post-Dottorato in Diritto. Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa, Italia.
Riassunto
L’incontro tra bioetica, diritto e cinema offre la possibilità di rivolgere nuovi sguardi ai temi biomedici. Tra questi, un campo che sorge attraverso recenti pubblicazioni di leggi è quello delle cure palliative. Il tema del fine vita si confronta tra schermo e realtà. Come punto di riferimento per questa breve discussione, il film italiano La prima cosa bella pone questo delicato e sensibile sguardo sui rapporti umani che coinvolgono l’assistenza al malato terminale e le strutture sanitarie rivolte al loro supporto.
Parole chiavi: bioetica; diritto; cinema; cure palliative.
Abstract
The encounter of bioethics, law and cinema offers the opportunity to turn a new regard toward biomedical issues. Among these issues, palliative care is a subject that appears through recent publications of laws on this field. The theme of the end of life is challenged between screen and reality. As a point of reference for this brief discussion, the Italian film La prima cosa bella gives a delicate and sensitive look at human relationships involving assistance to terminally ill patients and healthcare structure directed to their support.
Key words: bioethics; law; movies; palliative care.
“La prima cosa bella”: uno sguardo alle cure palliative
Anna Nigiotti coniugata Michelucci affronta ogni situazione con un sorriso, con i figli per mano, e al canto di “La prima cosa bella” prova ad allontanare i momenti difficili avvicinandosi alla vita. Nella Livorno degli anni settanta, la sua espontaneità e femminilità sono vissute intensamente. Durante l’estate del 1971, è eletta la “mamma più bella” del concorso di Miss Pancaldi, un evento della stagione estiva livornese di questo stabilimento balneare, localizzato nella regione Toscana. Il fatto é l’inizio di una serie di littigi e posteriori scompigli nella storia della famiglia Michelucci: dal ex-marito geloso che da lei non si allontana completamente ai due figli che seguono strade diverse, si arriva ad un momento delicato. Giunta allo stadio terminale di una lunga lotta contro il cancro e nel letto di un hospice, Anna raduna attorno a se, nuovamente, tutta la sua vita.
Il film italiano La prima cosa bella[1] racconta la storia di Anna attraverso il riavvicinamento con il figlio Bruno, che ha sempre amato questa madre esuberante e bella. Valeria, sorella di Bruno, è decisa a riconciliare il fratello col passato e col genitore. Precipitatasi a Milano alla vigilia della dipartita della madre, chiede a Bruno di seguirla a Livorno. Riluttante, lui si dispone a fare questo viaggio a ritroso nel tempo e a riallacciare una relazione che aveva troncato molti anni prima, durante l'adolescenza.
Una delle particolarità narrative della storia è l’alternarsi del tempo vissuto tra Anna e i suoi figli. Le prime scene mostrano il concorso di belezza, e dagli anni settanta si fa un salto all’attualità. Valeria non solo convince Bruno a tornare a Livorno per rivedere la madre ma, durante il viaggio in macchina, gli dice che “mamma è peggiorata, l’hanno trasferita alle palliative perchè la chemioterapia non fa più effetto”. La scena seguente mostra una situazione interessante: lo stupore di Bruno al percorrere i corridoi di un hospice, appunto quello dove la madre è ricoverata. Chiede alla sorella “Ma che posto è? Non sembra nemmeno un’ospedale...”.
Questo commento e momento del film sollevano punti importanti di riflessione. Le cure palliative, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), consistono nell’approccio che migliora la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie di fronte al problema connesso con malattie mortali attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di un’identificazione precoce e di valutazione e trattamento impeccabili del dolore e altri problemi, fisici, psicosociali e spirituali[2]. Dal latino pallium (mantello, pallio, termine che oggi caratterizza il pallio papale, una stola in lana d’agnello che simboleggia la pecorella smarrita che il buon pastore si carica sulle spalle), il termine cure palliative indica le cure prestate ai malati terminali allo scopo di migliorarne la qualità della vita, piuttosto che prolungarne la sopravvivenza.
La definizione dell’OMS è fatta immagine concreta in diverse scene del film. Sopra il letto di Anna vediamo fotografie della famiglia. Nelle altre stanze, pazienti che praticano la yoga, ascoltano musica, guardano i programmi preferiti in televisione, trasmettono la naturalità del vivere quando la vita arriva al suo traguardo. Bruno, arrivato all’hospice e dopo essersi addormentato di fronte alla camera della madre, si sveglia e non la vede al letto, la cerca e la trova nella sala tv insieme ad altri paziente, e sente da uno di questi: “è tua mamma? Se io avessi vent’anni e qualche settimana in più davanti...”. Anna è ancora la bella e vivace mamma del concorso di miss Pancaldi, attirando ammiratori e spargendo la sua allegria di vivere anche se in un avanzato punto della malattia.
In questo senso, le cure palliative consistono in una progressiva percezione dell’importanza di non togliere dal paziente terminale la sua propria identità. L’osservazione di Bruno quando afferma che l’hospice non sembrava un’ospedale ritratta, altrettanto, un cambio di concetto dello sguardo sulla morte che si intravede nelle attuali discussioni riguardo il c.d fine vita. La tecnologia ha determinato lo sviluppo della biomedicina, che si riflette nella ricerca della cura e in un adeguato trattamento sanitario. Gli ospedali sono diventati luoghi dove la tecnica e la scienza possono essere applicati a vantaggio del malato, tramite gli strumenti ed i professionisti che puntano alla sua guarigione. Intanto, la guarigione, se percepita come meta assoluta nel trattamento clinico, allontana la naturalezza della morte. Questo fatto può accadere perchè lo sviluppo delle tecnologie rivolte all’area medica spingono i professionisti a cercare la manutenzione della vita, ma il limite tra l’uso di questa stessa tecnologia come strumento e non come fine ultimo per il bene del paziente diventa stremamente tenue.
Nel film, questo limite non è mai messo in discussione, appunto perchè il trattamento rivolto ad Anna è basato nel rispetto alla sua identità e volontà, e non ad una guarigione ad ogni costo. Bruno stesso si sorprende, dopo il loro incontro, al vederla allegra e comunicativa con gli altri pazienti nella parte esterna dell’hospice. La scena mostra un giardino verde e luminoso, che si affaccia sul mare. In questo momento, durante il quale riceve le indicazioni del medico responsabile del trattamento della madre, Bruno gli dice: “ma lei non mi sembra in fin di vita”.
È importante ammettere che Anna è un personaggio speciale, in cui l’ottimismo è una costante ed è un elemento che la fa affronttare qualunque avversità. Nel viaggio nel tempo, si passa dall’hospice alla scena in cui il marito geloso espulsa Anna ed i figli piccoli di casa. Sotto la pioggia, di notte, camminano per le strade di Livorno, prendono un autobus, e questa madre abbraccia i figli sorridendo e gli assicura “che con mamma ci si diverte sempre”.
Anna cambia molte volte di casa e di lavoro. Lo sguardo di Bruno l’accompagna costantemente durante il film, e l’incontro con la madre malata terminale e i ricordi che tornano nella mente di Bruno creano il filo conduttore della trama, ricostruendo la loro storia. In una certa maniera, tutti questi cambi fanno di Anna una viaggiatrice della vita accolta dall’hospice alla fine del suo percorso. Hospice traduce il termine latino hospitium e riprende l’immagine di un luogo di accoglienza[3]. La simbologia che sottende l’hospice indica un posto dove i viaggiatori, i pellegrini, i malati, i feriti e anche i morenti potevano fermarsi per trovare riposo e conforto nel periodo del Medioevo. Questa impostazione, anche se con i cambiamenti originati dall’evoluzione dei trattamenti medici, è rimasta fino ad oggi nel privilegio che l’hospice dà ai trattamenti palliativi piuttosto che curativi, alla qualità della vita piuttosto che alla quantità della vita[4]. Per questo, è importante indicare che l’hospice non si identifica con un luogo nel quale vengono erogate prestazioni assistenziali particolari, ma è un concetto assistenziale rivolto ad una categoria particolare di pazienti, quelli la cui aspettativa di vita può essere misurata in settimane o mesi. In questo contesto, l’intervento dei palliativisti non accade solo negli ultimi giorni di vita del paziente, ma precedentemente alla fase avanzatissima della malattia[5].
Questo concetto assistenziale è concretizzato nel film nel momento in cui Bruno chiede al medico se possono portare la madre a casa. Il medico è d’accordo, affermando che le terapie si possono fare anche a domicilio, sempre che sia anche questa la volontà del paziente. Il film solleva, in questo punto, una questione fondamentale nel contesto delle cure palliative: l’autonomia del paziente. Specialisti affermano che i malati seguiti sono persone vigili e lucide, e spesso sono tali fino agli ultimi giorni di vita, sendo in grado di esprimersi e di relazionarsi con tutti quegli che stanno attorno a loro[6]. È per questo che il contesto delle cure palliative riguarda un processo di cura, che coinvolge sia il paziente che i familiari, sendo rivolta ad entrambi l’attenzione del personale appositamente addestrato, giacchè anche i familiari, che soffrono “indirettamente” la stessa malattia del paziente, sono parte del processo. In questo modo, si intravede il passagio da una unità di cura ‘singola’ ad una unità di cura ‘sociale’[7].
Ed è appunto durante questo processo decisionale che Bruno e Valeria riescono a ritrovare l’intimità fraternale della loro giovinezza. Prima di portare la madre a casa, seduti sopra il suo letto all’hospice, ricordono le loro avventure da bambini, ridono, si avvicinano. L’accoglienza dell’hospice attinge non solo Anna, ma anche fratello e sorella che, in questo momento delicato, riescono anche loro a riprendere le loro stesse identità. È in questo scenario che Anna rivela un suo desiderio: quello di sposare Doriano, amico e vicino di casa della famiglia che, per tutti questi anni, è stato sempre a suo fianco, svelando appena in poesie e scritti da lui nascosti il suo desiderio di sposarla. Doriano appare in diverse scene del film, soprattutto nei momenti di litigi della famiglia, quando si faceva complice di Anna e dei bambini in maniera da proteggerli o sollevarli nei momenti difficili. Negli ultimi anni della vita di Anna, lui le è stato ancora più vicino, e lei scopre questi scritti. Per questo, decide di accettare la richiesta “segreta” di Doriano di sposarla. Lui, accanto a lei anche nel periodo vissuto all’hospice, si sorprende e si emoziona al sentire questo desiderio di Anna.
La famiglia Michelucci ritorna alla loro vecchia casa d’infanzia, mantenuta e curata durante tutti questi anni (e dopo la morte del ex-marito di Anna) appunto da Doriano. Il film mostra una sequenza sensibile e delicata: Anna rientra a casa su una sedia a rotelle, sorridente, con un colorato fazzoletto sulla testa a nascondere i pochi capelli rimasti dopo le sezioni di chemioterapia, due infermieri attorno a lei aiutano a portare le sacche di morfina, il medico dà gli orientamenti a Bruno e Valeria su l’utilizzo delle medicine da somministrare ad ogni specifica reazione che possa avere Anna al trattamento.
È proprio nel momento in cui Anna è al letto, e forse sentendo l’aggravarsi della malattia, che svela ai figli l’esistenza di un loro fratello. Valeria rimane incredula, ma Bruno non appare sorpreso. Chiedono a Doriano se lui sa qualcosa, lui che è stato sempre presente nella vita di Anna, e lui conferma non solo che loro hanno un fratello, ma anche l’identità del figlio minore di Anna. In questo momento, ritorna nella memoria di Bruno (e nelle immagini del film) il suo periodo adolescente, quando scopre che la madre era incinta. È stato in quel momento che lui fugge di casa e si allontana dalla sorella e dalla madre.
La scena in cui Valeria e Bruno stanno di fronte a Cristiano, il fratello minore, figlio di Anna con un avvocato con cui lei ha lavorato, è particolarmente significativa e in certa maniera divertente, soprattutto considerandosi la bravura degli attori. Cristiano, dietro la stessa scrivania dove prima lavorava il padre (il film ritratta anche questo periodo di Anna, ossia, il periodo in cui ha lavorato con l’avvocato Cenerini, padre di Cristiano), sorride ironicamente non solo al sapere che è figlio di Anna e, così, che ha di fronte a se due “nuovi” fratelli, ma anche riguardo al fatto che è invitato al matrimonio di Anna. E lui commenta: “ah, stà morendo ma si sposa”. Nonostante questo, arriva il giorno del matrimonio, e ritroviamo tutta la famiglia attorno ad Anna, incluso Cristiano (specialmente commosso), la fidanzata e la vedova di suo padre, che aveva mantenuto in segreto le origini di Cristiano.
Anna e Doriano si sposano seduti sopra il letto, l’autorità competente fa la lettura dei termini del matrimonio, i figli, nipoti e amici si radunano attorno alla coppia in questo momento allegro e intenso, soprattutto quando è permesso allo sposo di baciare la sposa: Doriano, timido, dirige il suo bacio alla testa di Anna, ma lei prende il suo viso tra le mani e lo bacia appassionatamente, sotto l’applauso di tutti.
Il film, in questo punto, dimostra che le cure palliative sono parte di un autentico e concreto rispetto alla dignità della persona, così intesa nel manifestarsi dell’autonomia del paziente riguardo il fine della propria vita ma, soprattutto, riguardo il rispetto alla sua propria storia e identità. Questo è un punto che deve essere appreso e sottolineato con più forza nell’ambito del tema in discussione. L’identità del malato terminale riportalo oltre a se stesso: riportalo alla sua totalità come essere umano, ed è per questo che “trattare” anche la famiglia è fondamentale nel contesto palliativo.
Dallo schermo lanciasi lo sguardo alla realtà, specificamente alla sfera giuridica e alla percezione della presenza del tema delle cure palliative in recenti strumenti legislativi. Per esempio, la Legge 2/2010 Ley de Derechos y Garantías de la Dignidad de la Persona en el Proceso de la Muerte della Andalusia, Spagna, nel suo preambolo afferma che “El derecho a una vida humana digna no se puede truncar con una muerte indigna. El ordenamiento jurídico está, por tanto, llamado también a concretar y proteger este ideal de la muerte digna”[8]. Il Consiglio Generale Medico spagnolo, in una dichiarazione riguardo La atención médica al final de la vida di gennaio del 2009[9], indica che “El progresivo incremento de personas que precisan cuidados paliativos constituye actualmente un paradigma que ya no se puede considerar como cuestión marginal en la enseñanza de las Facultades de Medicina. La demanda social de medicina paliativa es un buen ejemplo para entender la urgencia de reformas en los planes de estudio más adaptadas a las necesidades de la sociedad”.
In Francia, le cure palliative sono state ufficialmente introdotte nel sistema nazionale attraverso la circulaire Laroque di 1986, relativa “à l’organisation et à l’accompagnement des malades (http://fr.wikipedia.org/wiki/Maladie) en phase terminale”. A seguito della proposta del deputato Jean Leonetti riguardo “l’accompagnement de la fin de vie”, condotta nel 2002, è stata emanata la Loi relative aux droits des malades et à la fin de vie del 2005, ed a febbraio del 2010 il governo francese ha inaugurato un “Observatoire de la fin de vie”[10]. L’Osservatorio avrà come obiettivo quello di diffondere l’informazione concernente agli aspetti della legge riguardante il fine vita[11].
Nel scenario italiano, il Ministro della Sanità ha autorizzato, in ottobre del 1998, la costituzione di 2900 posti letto per le cure palliative ai malati incurabili. Il decreto ministeriale del 28 ottobre 1999 di attuazione della Legge n. 39, del 26 febbraio 1999, determina l’implementazione del programma delle cure palliative previsto nel Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 e porta in allegato linee attuative per la realizzazione dei centri di cura palliativa e dei “criteri per l’integrazione” di tali centri con altre attività assistenziali analoghe[12]. Essenzialmente, si possono indicare due leggi fondamentali: la prima ha avuto come scopo principale il finanziamento degli hospice per favorirne la nascita e lo sviluppo, effettivamente poi avvenuto negli anni 2000[13]; la seconda, la legge del 15 marzo 2010, n. 38, ha voluto sancire l'istituzione della rete delle cure palliative, ovvero l'integrazione tra hospice e assistenza domiciliare[14].
Queste recenti indicazioni giuridiche concernenti al tema delle cure palliative dimostrano che il legame tra bioetica e diritto si intreccia in una maniera forte e siginificativa dal momento in cui la società richiede delineamenti di attuazione che possano orientare la condotta umana in questo campo.
Dopo la cerimonia di matrimonio, Anna riprende sotto le sue braccia Valeria e Bruno, ricordano il loro passato, le allegrie e difficoltà, e intonano la canzone che dà nome al film. Si emozionano, e Anna riesce ancora a dire per l’ultima volta ai figli: “che lavoro, bimbi belli, però ci siamo tanto divertiti, eh?”. In una conferenza stampa, Paolo Virzì, regista del film, afferma che il gruppo di attori ha vissuto l’esperienza delle riprese attraverso il mescolarsi di “morfina e gioia”. Nella sua scoperta delle cure palliative, lo ha colpito “la capacità di avvicinarsi alla morte e al fin di vita con uno sguardo né patetico, né necessariamente tragico, ma con un motivo vitale capace di conferire ancora gioia alla vita, fino all’ultimo momento, dando un senso alla narrazione delle nostre vite”[15]. La prima cosa bella ci offre questo senso e ci sfida a mantenere accesa la promozione del rispetto alla totalità dell’essere umano quando esso raggiunge il traguardo della sua propria vita.
Notas
[1] “La prima cosa bella”, regia di Paolo Virzì, Italia, 2010, 116 minuti, distribuzione Medusa Film, con Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Stefania Sandrelli, Claudia Pandolfi, Marco Messeri. Il titolo del film è tratto dall'omonima canzone di Mogol e Nicola di Bari, portata al successo da quest'ultimo nel 1970a>.
[2] Originalmente: “Palliative care is an approach that improves the quality of life of patients and their families facing the problem associated with life-threatening illness, through the prevention and relief of suffering by means of early identification and impeccable assessment and treatment of pain and other problems, physical, psychosocial and spiritual”. Disponibile a: http://www.who.int/cancer/palliative/definition/en/a>.
[3] CUNIETTI, Ettore; VIGANÒ, Antonio; MONTI, Massimo; CRUCIATTI, Flavio, In DI MOLA, Giorgio (a cura di). Cure palliative: approccio multidisciplinare alle malattie inguaribili. Milano: Masson, 1994, p. 184.
[4] CIRILLO, Mario. In GIORGETTI, Raffaella. Legislazione e organizzazione del servizio sanitario. Maggioli Editore, 2002, pp. 90-91.
[5] VALENTI, Danila. Curare quando non si può guarire. In La Professione: medicina, scienza, etica e società. Trimestrale della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Convegno Nazionale “Dichiarazioni anticipate di volontà”, Terni, XII Giugno MMIX, p. 135.
[6] In questo contesto, l’importanza del rispetto alla volontà del malato è coinvolto e valorizzato tramite il rapporto medico-paziente. “È chiaro che i nostri pazienti si riferiscono e si relazionano con noi quotidianamente e quotidianamente possono, e devono poter, modificare le indicazioni, le direttive, già espresse. Sempre nell’ambito di una forte relazione paziente-medico. È quando il malato non riesce più ad esprimersi che noi dobbiamo tenere, non in massimo conto, ma assolutamente in conto delle indicazioni che questi aveva dato quando era in stato di lucidità”. VALENTI, Danila. Curare quando non si può guarire. In La Professione: medicina, scienza, etica e società. Trimestrale della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Convegno Nazionale “Dichiarazioni anticipate di volontà”, Terni, XII Giugno MMIX, p. 136.
[7] CIRILLO, Mario, In GIORGETTI, Raffaella. Legislazione e organizzazione del servizio sanitario. Maggioli Editore, 2002, p. 90.
[8] Indica il preambolo, ancora, che “La dimensión
concreta de este ideal y los derechos que generan han sido motivo de
debate en los últimos años, no solo en nuestro país, en nuestra
Comunidad Autónoma, sino en el mundo entero. Sin embargo, hoy
en día puede afirmarse que existe un consenso ético y jurídico
bastante consolidado en torno a algunos de los contenidos y derechos
del ideal de la buena muerte, sobre los que inciden los artículos de
la presente Ley”. Disponibile a:
http://www.parlamentodeandalucia.es/webdinamica/portal-web-parlamento/pdf.do?tipodoc=coleccion&id=47573&cley=2.
[9] Disponibile a: http://www.cgcom.org/documentacion/2009.
[10] JORF n°0092 du 20 avril 2010 page 7331 - texte n° 60 - Arrêté du 12 avril 2010 fixant la composition du comité de pilotage de l'Observatoire national de la fin de vie, http://www.legifrance.gouv.fr.
[11] “L'observatoire national de
la fin de vie, issu des préconisations de la mission Leonetti sur la
fin de vie, a été inauguré lundi par la ministre de la Santé
Roselyne Bachelot dans les locaux de la fondation Oeuvre de la Croix
Saint-Simon, à l'hôpital des Diaconesses à Paris.
La création de cet ‘Observatoire national des conditions de la
fin de vie et des pratiques d'accompagnement’ intervient quelques
jours après l'adoption par le Parlement d'un congé d'accompagnement
de la fin de vie, une des mesures phare de la mission d'évaluation
de la loi Leonetti. ‘Probablement on meurt encore mal en France’, a
observé le député Jean Leonetti au cours d'un point presse à l'issue
de la visite par la ministre du service des soins palliatifs de
l'hôpital des Diaconesses. ‘Il y a lieu d'observer l'évolution de la
société, les conditions de la fin de vie, l'évolution des pratiques
autour de ces notions de fin de vie", a pour sa part expliqué le
président du comité de pilotage de l'observatoire, le Dr Régis
Aubry, par ailleurs président du comité national de suivi du
développement des soins palliatifs et de l'accompagnement.
L'observatoire aura aussi pour mission de diffuser l'information sur
la loi sur la fin de vie’, notizia pubblicata nel sito del giornale
Le Figaro:
http://www.lefigaro.fr/flash-actu/2010/02/22/01011-20100222FILWWW00758-un-observatoire-national-de-la-fin-de-vie.php.
[12] CIRILLO, Mario, In GIORGETTI, Raffaella. Legislazione e organizzazione del servizio sanitario. Maggioli Editore, 2002, p. 100.
[13] Legge 26 febbraio 1999, n. 39, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, recante disposizioni per assicurare interventi urgenti di attuazione del Piano sanitario nazionale 1998-2000", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 1999.
[14] Legge 15 marzo 2010, n. 38, "Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010.
[15] Intervista: “E per il regista Virzì anche la morte diventa una ‘cosa bella’”. Il Sole 24 Ore – Sanità, 16-22 marzo 2010, Primo Piano, p. 3.